Marco Minniti lo aveva previsto e nel rapporto di pochi mesi fa della fondazione Medor, parlava del rischio terrorismo di matrice jihadista per la Russia. Sulle pagine di Repubblica, oggi conferma: “Il terrorismo non va giudicato in ragione dei suoi obiettivi e delle sue vittime, ma merita una condanna assoluta”, premette. In questi mesi la Russia è diventata l’obiettivo perfetto. “Ci sono due conflitti in corso, Ucraina e Gaza, e in tempo di guerra il terrorismo si muove come un pesce d’acqua” spiega. “Islamic State aveva bisogno di un atto eclatante nella sua ferocia per rivendicare la sua identità e riaccendere, insieme alla sua capacità di reclutamento, spinte emulative”.



Il secondo motivo è che associazioni come Hamas, Hezbollah o gli Houti “condividono una medesima pratica terroristica ma hanno dimensioni identitarie diverse e in competizione tra loro”. Proprio nel momento in cui queste si sono unite nell’”asse della resistenza”, lo Stato Islamico aveva bisogno di “ritrovare il centro del palcoscenico mondiale del terrore con un atto eclatante. La Russia era l’obiettivo perfetto” per vari motivi. Il primo è di natura logistica. “La sconfitta militare di Islamic State non consentiva di colpire nel cuore dell’Europa facendo ricorso ai cosiddetti lupi solitari. Al contrario, consentiva invece di colpire lì dove esiste un retroterra operativo consolidato, a Est”. In Russia, poi, la sorveglianza interna si è allentata.



Minniti: “Così agirà Putin dopo l’attentato”

Secondo lo studioso Marco Minniti, il secondo motivo dell’attentato in Russia risiede nel fatto che “la vicenda cecena è una ferita ancora drammaticamente aperta e il ruolo da macellaio di Kadirov in Ucraina ha tenuto viva la fiamma della vendetta. Per non parlare del ruolo militare avuto dalla Russia di Putin in Siria”. Dunque un vero e proprio “colpo alla strategia di rilancio nazional-imperialista” di Putin. Il presidente “tenderà di rianimare un legame con il poolo russo costruito sulle stesse fondamenta in cui affondano le origini della sua avvenuta politica. A una Russia che usciva dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, Putin propose l’epica dell’uomo forte in grado di proteggere il Paese e funzionò. La strage di venerdì offre l’opportunità di fare la stessa cosa”.



L’attentato a Mosca potrebbe ora “riaccendere cellule in sonno nel nostro continente”. L’Isis conserva infatti “un network di comunicazioni intatto. In questo mondo privo di ordine, “una nuova Sarajevo è possibile. A meno che non muti prospettiva e asse di ragionamento”. L’unica soluzione è “aumentare la cooperazione e diminuire la competizione. E i due capisaldi non possono che essere la lotta al terrorismo e ai cambiamenti climatici” spiega a Repubblica. Se però Israele dovesse attaccare Rafah “questo comprometterebbe per lungo tempo il rapporto con i Paesi arabi moderati, senza il cui ruolo decisivo non sarebbe stato possibile battere Islamic State”.