Molti giornali e telegiornali hanno parlato giustamente del gesto eroico del giovane musulmano quindicenne di nome Islam, che durante l’attentato al teatro di Mosca avrebbe messo in salvo un centinaio di persone. Anche a Mosca non ci sono solo musulmani terroristi.
Attraverso amici di Mosca sono poi venuto a conoscenza di un altro atto di eroismo anche più radicale, un vero e proprio martirio di cui è stato protagonista un certo Maxim. Questo giovane era al concerto con la sua ragazza. Nato con una grave malattia alla colonna vertebrale non poteva camminare, ma poteva vivere ed amare. Poteva vivere perché sua madre, la religiosissima Elena Verbinova, aveva rifiutato l’aborto quando i medici le aveva predetto che il figlio sarebbe nato con una grave malformazione. Elena non solo l’aveva accettato, e cresciuto, ma aveva continuato a pregare perché anche se non fosse potuto guarire, potesse diventare santo.
Quando i terroristi hanno cominciato a sparare, Maxim non poteva scappare. La sua ragazza però non lo ha abbandonato. E quando i killers sono arrivati davanti a loro, Maxim con un ultimo atto d’amore si è buttato sulla ragazza facendole scudo con il suo corpo. Lui è morto crivellato dai colpi di kalashnikov, lei così si è salvata. La Chiesa ortodossa, ma io direi la Chiesa universale, ha avuto ancora un suo martire. Non tutti i russi sono cattivi, anche se non tutti i russi sono martiri, così come anche noi non tutti lo siamo.
Mi sono venuti in mente quei giovani russi che i miei “ragazzi” del Kazakistan stanno aiutando perché sono sfuggiti alla “mobilitazione”. Ho pensato a quelle famiglie del mio quartiere che stanno accogliendo ragazzi e ragazze russi che sono in Italia per studiare e che in questo momento non sono sempre ben visti da tutti per il fatto di essere russi. Sto pensando a come evitare a quelli che stanno finendo il periodo di studi e dovrebbero tornare a casa o, meglio, al fronte, di doverlo fare.
Abbiamo ospitato, e stiamo ospitando, molti ucraini, vittime innocenti di una guerra che neanche loro si aspettavano. Non sono tutti buoni e riconoscenti, come tutti li vorremmo. Ma sono nel bisogno, come tanti altri immigrati fuggiti dal loro Paese a causa della guerra e di situazioni di ingiustizia insostenibili. Per noi non dovrebbero esserci nemici, e anche se ce ne fossero, Gesù ci ha insegnato ad amarli e a pregare per loro. Anzi, come recentemente ha chiarito il cardinale Zuppi in un’intervista televisiva, se l’amore è una possibilità di bene per tutti, l’amore per i nemici è una caratteristica che Gesù ha lasciato proprio ai cristiani, anche a quelli non troppo meritevoli del Suo amore.
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