Nuovo venerdì di sangue in Afghanistan: ancora una moschea diventa obbiettivo dell’Isis Khorasan dopo la strage della settimana scorsa che aveva fatto oltre cento vittime. Questa volta la strage è avvenuta nella moschea sciita di Kandahar, dove le vittime sarebbero almeno trenta e sarebbero entrati in azione ben tre kamikaze. È la dimostrazione che in Afghanistan, nonostante le promesse fatte al momento del ritiro americano, i talebani non sono in grado di mantenere la sicurezza e di controllare il territorio, come ci conferma Stefano Piazza, giornalista, saggista, esperto di terrorismo islamico: “Non ci sono solo le moschee tra gli obbiettivi dell’Isis, ogni giorno c’è un attacco a strutture talebane. Infatti i talebani non sono assolutamente in grado di gestire il paese”. Il rischio, ci ha spiegato ancora, è che con la scusa che l’Isis è una organizzazione terroristica globalista che colpisce in tutto il mondo, pur di estirparla, si finisca con gli americani che decidono di aiutare i talebani nella lotta contro lo Stato islamico: “Sarebbe un nuovo patto con il diavolo, come già successo quando i talebani vennero sostenuti allo scopo di cacciare i russi dall’Afghanistan negli anni Ottanta”.
Ormai il venerdì in Afghanistan è diventato il giorno delle stragi nelle moschee. È una strategia precisa per terrorizzare la popolazione e portarla a ribellarsi ai talebani?
Chiariamo. La questione sta in questi termini: i talebani non sono in grado di mantenere la sicurezza nel paese. Non riescono ad assicurarla, a gestirla, non hanno il controllo del territorio. Nell’ultima settimana ogni giorno ci sono stati attacchi in ogni zona dell’Afghanistan, dove muoiono due o tre talebani, ed è stato ucciso anche un loro dirigente. Nonostante avessero detto all’inizio che una volta andati via gli americani avrebbero saputo gestire la sicurezza del paese e che l’Isis Khorasan sarebbe stato un problema che avrebbero risolto, tutto questo non sono in grado di farlo.
Per quale motivo? Dipende dal fatto che i talebani sono solo un terzo della popolazione afghana?
Sono due le ragioni. Prima di tutto l’Isis K ha un seguito anche tra la popolazione. Seconda motivazione, ci sono molte persone scontente che fuoriescono dalla rete talebana e anche da al Qaeda per unirsi all’Isis. C’è poi anche un terzo punto, relativo alle moschee: attaccare le moschee sciite significa utilizzare una vecchia tattica che usava già al–Zarqawi in Iraq, puntando forte sullo scontro religioso tra sunniti e sciiti.
A che cosa porterà questa situazione? Sarà uno scontro senza fine?
Gli attacchi alle moschee sciite continueranno. Quello di ieri è stato particolarmente imponente, erano due o forse tre i kamikaze che si sono fatti saltare in aria. La situazione continuerà a peggiorare, perché i talebani non hanno il controllo del paese e l’Isis, qualora volesse colpire obbiettivi sensibili, lo farebbe, anzi già lo fa.
Visto che l’Isis, a differenza dei talebani, è una organizzazione terroristica globalista, che colpisce come sappiamo in tutto il mondo, questo potrebbe far sì che qualche paese occidentale, magari gli stessi Stati Uniti, si muova in aiuto dei talebani?
I talebani in questo momento hanno bisogno di aiuto, ma non lo possono dire, continuano a sostenere che riusciranno a gestire tutto da soli. La settimana scorsa, però, al tavolo con gli Stati Uniti (dove Washington ha concesso aiuti economici, ndr), si è discusso anche di sicurezza, tanto è vero che erano presenti uomini della Cia. Non è escluso che accada un ulteriore patto col diavolo, come era già successo quando si puntò sui talebani per cacciare i russi. Sarebbe l’ennesima follia, ma a questo punto non è escluso che qualcuno intervenga per dare man forte ai talebani: non sarebbe sorprendente.
Ma un Afghanistan in mano all’Isis non sarebbe un bello scenario, non crede?
Diciamo che oggi l’Afghanistan è in mano ai talebani e ad al Qaeda. Non è che gli afghani stiano meglio, perché è vero che i talebani non fanno attentati, però uccidono, impiccano, tagliano le mani. La settimana scorsa hanno impiccato tredici sciiti. Tra i due non saprei chi scegliere.
Che fine ha fatto il leader della resistenza, Ahmad Massoud?
Era una resistenza narrativa piuttosto che sostanziale. Da almeno un mese si trova in Tagikistan con i dirigenti del suo piccolo gruppo, ma non ha futuro perché non hanno soldi né armi e non c’è nessun paese disposto a impegnarsi al loro fianco. Nemmeno la Francia, che storicamente era vicina a suo padre, li può aiutare.
Quindi, che previsioni si possono fare sul futuro dell’Afghanistan?
Intanto ricordiamoci che il prossimo 31 dicembre gli americani se ne andranno anche dall’Iraq. Prepariamoci, perché il prossimo paese a ripiombare nel caos sarà proprio l’Iraq. Adesso hanno tutti paura dell’Afghanistan, ma sia i russi, che hanno convocato i talebani a Mosca, che i cinesi, che avevano promesso di impegnarsi con le miniere e le infrastrutture, si stanno entrambi tirando indietro. Tutti hanno paura, l’Afghanistan è un paese troppo instabile e nessuno si fida dei talebani.
(Paolo Vites)
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