Erano le 11.45 del 14 luglio 1948 quando Palmiro Togliatti e Nilde Iotti furono protagonisti loro malgrado dell’attentato che rischiò di portare l’Italia in piena Guerra Civile a soli tre anni dalla sconfitta del nazifascismo: sarà uno dei passaggi chiave della nuova fiction Rai “Storia di Nilde”, uno dei primi momenti di uscita “pubblica” dell’allora sposato leader Pci e della poi futura prima donna a divenire Presidente della Camera. Un attentato di cui si è scritto, raccontato e detto praticamente di tutto, con quell’autore del gesto omicida Antonio Pallante da molti considerato un fanatico addirittura cattolico e invece all’epoca giovanissimo simpatizzante del “qualunquismo” spaventato dagli effetti della politica filo-Urss che il Pci di Togliatti portava avanti. Erano i mesi successivi alla vittoria della Dc alle prime vere elezioni libere per il nuovo Parlamento post-nascita della Repubblica, con lo scontro civile e politico che infiammò l’intero Paese ancora debole per le tante ferite inferte dalla Guerra Mondiale: l’attentato al leader più importante dell’opposizione ebbe effetti potenzialmente devastanti, con i partigiani e i comunisti di tutta Italia pronti a far esplodere la guerra civile contro i “bianchi” filo Dc, i liberali e i repubblicani. La storia virò poi da un’altra parte ma l’approfondimento si quei giorni è doveroso, a partire dalla testimonianza diretta della donna tra le più importanti della politica italiana: così Nilde Iotti raccontava l’attentato cui scampò lei incolume, il suo amante con tre colpi e il rischio di dissanguamento «Non si riesce a comprendere quel drammatico evento se con la memoria non si torna al clima arroventato seguito alla clamorosa vittoria elettorale democristiana del 18 aprile 1948. Quel clima contò molto, fu determinante».



L’ATTENTATO A NILDE IOTTI E PALMIRO TOGLIATTI: COSA AVVENNE QUEL GIORNO

Per Nilde Iotti, nessuno poteva davvero immaginare che la campagna elettorale di quei mesi potesse “far arrivare” ad un clima del genere: eppure, commenta ancora in una passata intervista l’amante di Togliatti, «nessuno poteva immaginare che la campagna elettorale guidata dalla chiesa di Pio XII e dai comitati civici di Luigi Gedda potesse raggiungere un tale grado di violenza». Secondo la Iotti dietro vi fu non tanto come mandanti effettivo ma come “influenzatore” dell’attentatore Pallante proprio il clima di scontro cattolici vs comunisti (anche se la storiografia ha messo in forte discussione la tesi del Pc e della stessa Iotti): «Una violenza che da parte dei vincitori non si allentò neppure dopo il loro schiacciante successo. Quella atmosfera, ripeto, fu indubbiamente all’origine dell’attentato a Togliatti». Il “Migliore”, soprannome di Palmiro Togliatti, era il vero obiettivo di Antonio Pallante (tant’è che Nilde Iotti non venne nemmeno sfiorata): il leader Pci si salvò perché il materiale usato dallo studente (pistola calibro 38 del 1908 e cinque proiettili scadenti comprati al mercato nero di Bronte) era per fortuna inadeguato per compiere un attentato del genere. Togliatti quel giorno stava uscendo in tarda mattinata da un’uscita secondaria della Camera dei deputati in via della Missione ma proprio lì lo attendeva Pallante: con il “Migliore” c’era però Nilde Iotti che sorprese lo studente, provocandogli una piccola esitazione. Poi la decisione arriva, partono 4 spari di cui 3 colpiscono il leader comunista: lei si getta sul corpo dell’amato segretario Pci, provando a fare da scudo, ma è troppo tardi. Rischia di morire dissanguato tra le braccia di Nilde e solo l’intervento dell’ambulanza e poi della rapida operazione di estrazione del chirurgo Pietro Valdoni: però si salva, e si salva anche l’Italia qualche giorno dopo con la vittoria al Tour de France di Gino Bartali che pose una nuova unità in un Paese segnato dal fortissimo rischio di guerra civile.



LE MEMORIE DEL ATTENTATORE PALLANTE

«Ho agito da solo. Hanno cercato di farmi passare per la pedina di non so bene quale complotto. Dietro a Pallante c’è solo Antonio Pallante, la smettano di cercare ombre, connivenze, complicità»: così racconta Antonio Pallante, 96enne attentatore di Palmiro Togliatti, in un recente saggio del giornalista Stefano Zurlo. Secondo lo stesso ex studente “qualunquista” quell’attentato avrebbe potuto portare alla guerra civile, ma fu Gino Bartali a salvare l’Italia «con quell’impresa al Tour forse salvò l’Italia dalla guerra e da un bagno di sangue». Arrestato poco dopo l’attentato contro Togliatti e Iotti, Pallante ebbe a dire ai carabinieri che lo avevano braccato «era un nemico della mia patria, un membro del Cominform al servizio di una potenza straniera». Nei giorni successivi i sindacati, in testa la Cgil di Giuseppe Di Vittorio, proclamarono scioperi generali che il Ministro dell’Interno Scelba però vietò nel modo più assoluto: nelle ore in cui si attende l’esito dell’intervento chirurgico, oltre alle “bufale” che si sprecavano su possibili origini dell’attentato, gli scontri in piazza si fanno pesanti e addirittura si arriva al pesantissimo bilancio di 14 morti e centinaia di feriti negli scontri tra manifestanti comunisti e Forze dell’Ordine. Poi Togliatti si salva, Nilde Iotti sempre al suo fianco con il “giallo” di un partito che non accettava il rapporto extraconiugale del suo leader, e il Paese si salva sia per la capacità di gestione generale del premier De Gasperi, sia per la felicità per la vittoria di Bartali ma anche per la maggior coscienza del popolo che a soli tre anni dalla fine della Guerra non avrebbe retto all’ennesimo scempio di morti innocenti. Come riporta il portale “Fatti per la Storia”, Pallante esprime dispiacere per i morti degli scontri, specie per i poliziotti rimasti uccisi nei tafferugli: «sarà condannato a 13 anni e 8 mesi di carcere, poi ridotti e 10 anni e 8 mesi e infine amnistiati per la metà (esce nel 1953 dopo cinque anni di reclusione)».

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