Era il 3 ottobre 1980 quando vi fu il primo e peggiore attacco alla comunità ebraica francese del dopoguerra. La bomba, contenente 10 kg di esplosivo, fu lasciata in una motocicletta parcheggiata vicino alla sinagoga di Rue Copernic a Parigi. Ne seguì un’esplosione che causò 3 morti e 46 feriti. In questa vicenda un unico indiziato è emerso in questi anni di indagini, Hassan Diab, professore canadese, processato e ora condannato all’ergastolo.



Le tracce avrebbero portato a lui senza però aver trovato prove a suo carico. Secondo gli inquirenti infatti il suo volto sembrava coincidere con una ricostruzione facciale fatta nel corso delle indagini del presunto attentatore. Null’altro. E sulla base di ciò il 3 aprile è stato processato a Parigi. L’accademico però, come ha riportato il The Guardian, ha preferito non presentarsi in aula, decidendo di restare in Canada. Diab in tutti questi anni si è sempre professato innocente, sostenendo che all’epoca dei fatti avesse l’alibi di studiare a Beirut. Circostanza, questa, non presa evidentemente in considerazione dai giudici francesi.



La difesa: “errore giudiziario sull’attentato alla sinagoga”

Parole dure quelle della difesa del professore. L’avvocato di Diab, Donald Bayne, ha definito il verdetto un “risultato politico” e un errore giudiziario: “Le prove dimostrano che è innocente eppure lo hanno condannato”, ha detto. Il suo team legale ha sostenuto che è stato vittima di uno scambio di identità. Di contro i procuratori hanno scelto la pena massima, l’ergastolo, dicendo che non c’era “alcun dubbio possibile” che fosse colpevole, senza argomentare ulteriormente la decisione. Anche il primo ministro canadese Trudeau ha pronunciato parole a sostegno di Diab: “saremo sempre lì per difendere i canadesi e i loro diritti.” Intanto si discute sulla richiesta di estradizione del professore, che però potrebbe causare tensioni nelle relazioni tra Canada e Francia.

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