Durante l’attentato mafioso di via Palestro a Milano nel 1993, morirono cinque persone fra cui il vigile del fuoco Carlo La Catena. Il cognato, Nicola Perna, è stato ospite oggi negli studi de I Fatti Vostri: “L’arresto di Messina Denaro? Una notizia che ci ha fatto piacere, è bello sapere che gli inquirenti continuano a lavorare per individuare i delinquenti”. Fra Nicola e Carlo vi era un rapporto “Fraterno“, ha ammesso l’ospite che poi ha aggiunto: “Era una persona molto altruista, i vigili del fuoco erano perfetti per il suo modo di essere. Fece il concorso, riuscì ad entrare nel corpo e dopo il periodo di formazione scelse Milano per una questione professionale, essendo la stessa città una palestra per i vigili del fuoco e poi è molto ben collegata con Napoli”.



Il giorno dell’attentato il signor Nicola era in ospedale: “Lo venni a sapere perchè venne a prendermi mio cognato in ospedale, mi disse che era successo qualcosa a Carlo e poi mi portarono via dall’ospedale, poi mentre siamo arrivati a casa mi disse che Carlo era morto. A casa c’erano già amici e parenti anche perchè era stata già diffusa la notizia anche se in modo un po’ maldestro. Era un periodo un po’ particolare, quella notte fra il 27 e il 28 luglio ci furono tre bombe di mafia, le altre due a Firenze e Roma. La comunicazione ufficiale l’avremmo le 3 di notte”



ATTENTATO VIA PALESTRO, COGNATO CARLO LA CATENA: “QUEL GIORNO…”

Carlo La Catena partì quindi da Napoli a Milano in aereo: “Una macchina ci arrivò a prendere e ci portò in questa scena di guerra. Tutta la potenza dell’esplosivo è ricaduta sugli uomini che erano lì, con il motore dell’auto bomba che è stata ritrovata a 150 metri di distanza, colpendo l’extracomunitario (poi morto ndr) sulla panchina”. Sul collegamento con la mafia: “All’inizio parlarono di un vile attentato poi solo nel 2002 si parlò di mafia, che cercava di destabilizzare le istituzioni del nostro Paese per addolcire il famoso 41 Bis”.



Dopo la scomparsa di Carlo La Catena, Nicola ha preso in mano la famiglia: “Mio suocero si è legato a me, Carlo era l’ultimo dei cinque figli di quattro femmine, suo padre aveva piacere che il suo nome potesse continuare, e veder infranto questo sogno l’ha portato alla morte dopo due anni, si è lasciato andare”. Poi Nicola ha concluso: “La cattura di Messina Denaro aprirà una situazione su cui bisognerà indagare, a cominciare dal come ha fatto ad essere latitante in 30 anni. Speriamo di avere delle risposte, ci sono state protezioni e bisogna capire chi c’era a capo”.