LA LOMBARDIA E IL “FINE VITA” RESPINTO (A LIVELLO REGIONALE): IL COMMENTO DEL PRESIDENTE FONTANA
Da più parti viene scritto in questi giorni che il Presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana avrebbe votato contro la sua stessa maggioranza nella questione pregiudiziale sulla legge del “Fine Vita” bocciata dal Consiglio Regionale con 10 voti di scarto: in una intervista al “Corriere della Sera” il Governatore della Lega replica sottolineando come il voto sia sempre segreto e così è stato scelto vista l’assoluta libertà di scelta voluta dall’aula per discutere di un tema ampio e complesso come il suicidio assistito “permesso” dalla Corte Costituzionale.
Fontana nel dialogo con i colleghi del “CorSera” sottolinea l’assoluta sovranità che ha l’aula della politica dopo il voto democratico sulla proposta dell’Associazione Coscioni: una discussione di «grandissima dignità» che ha avuto un esito ribadito dal testo della pregiudiziale, ovvero che legiferare sul suicidio assistito è materia di competenza nettamente nazionale e per nulla regionale. Mentre dal Centrosinistra attaccano la Regione Lombardia accusandola di ideologia “conservatrice” contro i diritti, Fontana – che pure era concorde nel procedere al dibattito democratico sul tema – non accetta la semplificazione sul “voto ideologico” del Centrodestra: «Penso che tutti fossero convinti che non c’erano le condizioni per discutere in aula di un tema del genere», nazionale e per nulla regionale.
“PIÙ LIBERTÀ E MENO PENSIERO UNICO”: LA LOMBARDIA CONTRO LE SCELTE IDEOLOGIZZATE
Secondo il Governatore Fontana la questione al centro della legge sul Fine Vita in Lombarda è l’esatto contrario di una questione ideologica, e chi lo fa compie solo un processo alle intenzioni: la Lega e il resto del Centrodestra hanno lasciato libertà di coscienza sul voto, rispettando le singole personalità e peculiarità dei consiglieri regionali. Il Fine Vita, aggiunge il Presidente leghista, è un tema così complesso che deve essere trattato con delicatezza e profondità: secondo lui resta che andrà regolamentato a livello nazionale, in quanto è un aspetto della vita che non può essere lasciato alle sentenze della Corte Costituzionale.
Serve una legge nazionale, in poche parole, anche se per Attilio Fontana è rischioso proporre come fa Marco Cappato di distribuire il farmaco dell’eutanasia a livello di “disobbedienza civile”: «Bisogna sempre operare nel rispetto della legge. Non sono auspicabili forzature». Serve meno ideologia, più libertà di coscienza, e occorre respingere le accuse pretestuose in arrivo dalle opposizioni: sul fatto che la Lega abbia lasciato libertà di coscienza sul Fine Vita e invece è molto chiuso sul fronte diritti dei figli di coppie LGBTQ, Fontana replica netto che la politica deve ascoltare tutte le esigenze della società per poi prendere decisioni legittime. Quello che non accetta il Governatore della Lombardia è che qualcuno – dai giornali ai think thank, dall’opinione pubblica ai media – possa imporre “l’agenda” sul fronte diritti, spiegando cosa è giusto e cosa no: «non accetto che ci possa essere l’imposizione di un pensiero unico, anche nei confronti di chi non la pensa nello stesso modo». I diritti infatti devono essere sostenuti e approvati fino a che non arrivano a prevaricare la libertà dell’altro, chiarisce il Presidente leghista che si definisce ora come ieri, «laico e liberale». Quando appunto gli viene chiesto l’opposizione del Consiglio Regionale di Lombardia al patrocinio del Pride LGBTQ, Fontana è ancora più netto sottolineando di non essere mai d’accordo «con una scelta ideologizzata, bisogna riconoscere a chi è omosessuale gli stessi diritti di chi è eterosessuale, ma non deve essere una forzatura».