Australiani, americani e inglesi coalizzati in funzione anticinese nel Pacifico. È questo il senso dell’accordo firmato il 13 marzo dal primo ministro australiano Anthony Albanese con Biden e Sunak per fornire proprio all’Australia sottomarini d’attacco a propulsione nucleare. L’intesa, siglata tra i partner di Aukus, è un piano ambizioso, da 368 miliardi di dollari, con step di realizzazione fino al 2050, che proprio per la sua complessità si presta a qualche perplessità per quanto riguarda la realizzazione completa. Ma che dà un segnale preciso ai cinesi e alla loro intraprendenza in quell’area del mondo. “La Cina – dice Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa – non ha mai nascosto di vedere come un atto ostile l’intesa Aukus”. Un piano che comunque esclude l’industria europea del settore, visto che per aderire a questo programma gli australiani hanno disdetto l’acquisto di altri sottomarini dalla Francia.
Perché proprio un accordo sui sottomarini?
Perché un sottomarino d’attacco ti dà una grande autonomia, che nel Pacifico è importante, e una capacità di contrasto alle grandi navi di un eventuale nemico, incluse le portaerei. Garantisce una capacità di sorveglianza costante degli spazi marittimi in maniera occulta: il sottomarino a propulsione nucleare è silenzioso, non viene rilevato. Se occorre controllare i movimenti di una flotta avversaria, quella cinese, in ampie aree marittime è lo strumento meno visibile di cui si può disporre e anche il più efficace.
La Cina ha una politica aggressiva nel Pacifico, si è annessa anche delle piccole isole.
Sì, ma quello è un problema che riguarda il Mar cinese meridionale, non ha a che fare con l’Australia ma con Taiwan, Vietnam, Filippine. Però diciamo che l’espansione delle capacità navali cinesi preoccupa i Paesi occidentali di quell’area, incentrati sull’Australia. Quest’ultima vuole aumentare le sue capacità militari e avere sottomarini a propulsione nucleare diventa una sfida importante.
Dove stanno le sue perplessità?
Diciamo che se domani subentrano necessità economiche diverse un programma del genere lo sospendi o lo riduci, e rischi di aver buttato via una gran quantità di denaro. Gli australiani avevano già un programma per acquistare 12 sottomarini francesi e gli Usa glielo hanno fatto saltare l’anno scorso. È una questione anche politica.
Ma lo hanno fatto saltare proprio perché c’era quest’altro programma in vista?
Sì, perché gli angloamericani hanno detto: i sottomarini fateli con noi. È un’operazione che serve anche a tagliare fuori l’Europa, l’industria europea: si vende tecnologia angloamericana, non europea. La Francia aveva siglato un contratto per 12 Barracuda, sottomarini convenzionali derivati da un sottomarino francese a propulsione atomica.
Gli americani sono diventati nemici dell’Europa dal punto di vista commerciale?
Non dimentichiamoci che è così da sempre. Siamo competitor, noi lo siamo per loro e loro lo sono per noi. Il fatto che tu sia un alleato strategico politico-militare non significa che non sia al tempo stesso un competitor commerciale, economico, anche sull’export dei prodotti della Difesa. L’Europa è una potenza economica ed è chiaro che è un competitor di quella americana. Usa ed Europa sono alleati dentro la Nato, ma se c’è da vendere qualunque cosa, che siano centrali nucleari o sottomarini, gli americani, gli inglesi, gli europei sono rivali, non sono amici. È normale: cerchi di portare lavoro alle tue aziende, ai tuoi cantieri navali.
Al momento ci sono contrasti diretti tra Australia e Cina?
Contrasti diretti no: hanno ottimi rapporti commerciali, come ci sono anche tra Cina e India, però sul piano strategico le potenze occidentali, come India e Giappone, vedono l’espansionismo navale cinese come una minaccia, considerato che, appunto, la Cina non nasconde una certa aggressività. Poi sul piano economico, ad esempio, l’India, che è una rivale sia sull’Himalaya che sul Pacifico, è un grande partner della Cina in termini commerciali, così come l’Australia importa molto dalla Cina. Sono due pianeti diversi ma paralleli.
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.
SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI