Grazie ai vaccini in Italia la situazione Covid sembra ancora sotto controllo, ma, al di là delle Alpi, il cruscotto della pandemia è pieno di spie rosse accese. Allarme contagi nell’Europa dell’Est, a partire dalla Russia che registra più di mille decessi al giorno, mentre in Bulgaria gli ospedali sono al collasso e le autorità stanno pensando di inviare i pazienti all’estero. In Austria si pensa a un nuovo lockdown selettivo, solo per i non vaccinati, in Lituania e in Lettonia invece è già applicato a tappeto. In Germania allerta dei medici su una quarta ondata in corso, così come in Belgio.



Nel Regno Unito ancora quasi 45mila casi e 135 decessi, nonostante una massiccia campagna vaccinale, così come in Belgio e in parte in Israele. Che cosa sta succedendo attorno a noi? Il virus sta rialzando la testa? “E’ un quadro da valutare ovviamente con la massima attenzione – risponde il professor Carlo Federico Perno, direttore di Microbiologia all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – è importante cercare di capire cosa sta succedendo, perché siamo alle prese con situazioni molto diverse”.



Partiamo dal Regno Unito. Molti vaccinati, ma contagi, ricoveri e decessi in aumento. Perché?

La Gran Bretagna ha in questo momento la situazione peggiore. Non dobbiamo dimenticare che ha utilizzato massicciamente il vaccino AstraZeneca, che tra tutti è quello con il livello di efficacia minore, e ha puntato con forza sulla scelta della monodose, ritardando la seconda. Scelta ragionevole all’inizio, quando scarseggiavano le dosi, ma che oggi mostra i suoi limiti: dalla vaccinologia sappiamo che ritardare la seconda dose a volte va bene, a volte facciamo un favore al virus, non attivando la migliore risposta immunitaria.



Ma come è possibile assistere ancora oggi a un rimbalzo delle ospedalizzazioni, non solo in Gran Bretagna, anche tra i vaccinati?

I vaccini non hanno mai un tasso di protezione pari al 100%. Quindi il vaccino protegge una quota significativa delle persone immunizzate, ma non il totale. Ecco perché ci sono persone anche sane che hanno una risposta vaccinale non ottimale. In più, non dobbiamo dimenticare che, anche in Italia, abbiamo una quota di persone fragili, penso agli anziani, agli immunosoppressi, agli oncologici o a coloro che assumono farmaci immunosoppressivi. Sappiamo con certezza che sono soggetti che corrono i rischi maggiori, avendo una risposta immunitaria più debole.

Il caso di Israele, dove la doppia vaccinazione è stata somministrata a gran parte della popolazione ed è in atto pure una robusta campagna per inoculare la terza dose, come se lo spiega?

Hanno vaccinato come noi più con gli altri sieri che con AstraZeneca, ma hanno ancora un tasso di immunizzazione più basso dell’Italia.

In Italia allora siamo messi meglio?

Noi non vediamo questa situazione perché abbiamo vaccinato bene e con vaccini buoni: abbiamo immunizzato 42 milioni di soggetti con schedula vaccinale completa, cioè l’85-90% della popolazione adulta, uno dei tassi di vaccinazione più alti al mondo. La variante Delta plus da noi circola molto meno che negli altri paesi. Detto questo, dobbiamo continuare ad avere gli occhi aperti per capire se queste situazioni atipiche sono appunto legate ai fenomeni che abbiamo sopra ricordato oppure se dobbiamo temere di nuovo un virus che rialza la testa. Al momento in Italia non c’è evidenza di tutto ciò.

Mi perdoni, ma il Belgio, che ha vaccinato bene e anche più persone di noi in rapporto alla popolazione, teme l’imminente arrivo di una quarta ondata…

Tenga presente che in Belgio l’ultimo dato sui decessi si aggirava sulla trentina di morti. E’ un numero sempre ragguardevole, certo, ma non così spaventoso. Ora bisognerà vedere se questi numeri si confermeranno nei prossimi giorni. Il Belgio sta andando sì verso una quarta ondata, ma – parafrasando la terminologia marittima – può trattarsi di uno tsunami o di un’onda da mareggiata oppure di un’ondina di ritorno. Sarà un lieve rialzo dei numeri o una recrudescenza dell’epidemia?

La variante Delta plus quanto deve preoccuparci?

Cito Lucio Battisti: “lo scopriremo solo vivendo”, perché siamo in una fase di generazione di conoscenze in tempo reale. La variante Delta si compone di almeno 10 sub-varianti e la Delta Plus è una di queste, è ancora in fase di studio, sta aumentando, è molto infettiva, ma non ha ancora preso piede a grande velocità. Osserviamola, poi vediamo tra un mese a che punto saremo.

E’ in grado di “bucare” i vaccini?

E’ leggermente meno sensibile, ma va ancora studiata a fondo la sua capacità di sfuggire ai vaccini.

Chi è stato vaccinato a inizio anno è ancora coperto dal virus?

I dati che si stanno accumulando mostrano che a distanza di 8-10 mesi si verifica un calo della risposta immunitaria e non mancano i report che indicano un rischio infezione che tende ad aumentare in coloro che sono ad almeno 6-8 mesi dalla seconda dose.

Terza dose per tutti?

Le schedule vaccinali per l’infanzia sono tutte a tre dosi. Noi finora abbiamo vaccinato a due e normalmente i bambini ricevono la terza tra i sei mesi e un anno dopo la seconda. Quindi una valutazione piena della nostra capacità di controllare il virus sarà quando, laddove si ritenesse opportuno, decidessimo di completare il ciclo vaccinale con la terza dose. Direi, che alla luce dei dati attuali un ragionamento sulla terza dose s’impone, è nella logica delle cose. Non abbiamo alcuna evidenza che le due dosi possano bastare.

In effetti si sta pensando a una terza dose, al momento per gli over 60, aperta a tutti. Intanto però gli hub vaccinali sono in via di dismissione. Ha senso?

A questa domanda di carattere più epidemiologico-politica le posso rispondere solo da virologo: se si programma una terza dose, bisognerà impostare una logistica adeguata che possa permettere di garantirla.

Si parla di togliere la mascherina: ci sono dati scientifici che supportano questa decisione?

Dati scientifici non ce ne sono. Anzi, l’allentamento nell’uso della mascherina spiega in parte anche i dati dei contagi in aumento nel Regno Unito e in Israele. Ma c’è una motivazione virologica che avvalora l’importanza della mascherina.

Quale?

Il virus replica inizialmente nel naso, mentre il vaccino protegge dai sintomi della malattia ma non necessariamente garantisce una difesa completa sul naso. Un soggetto fragile, abbassando o togliendo la mascherina, lascia che il virus entri nel naso, dandogli la possibilità di arrivare poi nei polmoni. Ecco perché, in attesa di stabilizzare la situazione, credo che i sistemi di protezione individuale, con buon senso e intelligenza, debbano restare, specie nei luoghi al chiuso e soprattutto adesso che stiamo andando verso l’inverno.

Quest’inverno cosa dobbiamo aspettarci da questo virus del Covid?

Mi aspetto che con il freddo e il ritorno negli ambienti chiusi ci sarà una circolazione maggiore del virus e qualche infezione in più, ma non mi aspetto un ripristino delle situazioni drammatiche che abbiamo avuto l’anno scorso. Può accadere, però, che tornino a circolare tutti gli altri virus respiratori, come non è invece successo per quasi 18 mesi.

Quindi?

Questo significa che quando avvertiamo sintomi respiratori, sia superiori che inferiori, non necessariamente dobbiamo pensare al Covid. Nella nostra casistica al Bambino Gesù su oltre mille bambini con sintomi respiratori seguiti negli ultimi mesi, la sars-Cov-2 incide per meno del 3% del totale, il resto sono tutte infezioni da virus respiratori di altro tipo, parainfluenzali, adenovirus o altri coronavirus… Quindi la recrudescenza dell’infezione non potrebbe coincidere con la recrudescenza dei sintomi, non necessariamente legati al Covid.

L’Oms ha dichiarato che la pandemia durerà per tutto il 2022. E’ uno scenario molto probabile?

Mi stupisce che l’Oms parli di un solo anno. Nel resto del mondo abbiamo tassi di vaccinazione inferiori al 10%. Il virus circola liberamente e temo che sarà ben oltre il 2022. E con la circolazione delle persone, il Covid potrebbe tornare un po’ dappertutto. Prima di poter parlare di date di chiusura pandemia dobbiamo pensare a vaccinare il mondo. Anche perché un virus circola, vuol dire che replica, e dunque muta. Non possiamo escludere che si producano varianti che possano creare problemi alla stessa vaccinazione.

(Marco Biscella)

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