Gli esperti di settore lo immaginavano, i non addetti ai lavori lo sospettavano. Recentemente sono arrivati i numeri del Viminale a confermarlo. Tra le tante sgradevoli eredità che ci ha lasciato la pandemia, possiamo annoverare anche l’ascesa inarrestabile del crimine informatico. Nel primo semestre del 2022 i reati on line sono raddoppiati. Si contano 84 denunce al giorno per un totale nel semestre di oltre 15 mila: un numero che si affianca a quello comunicato nei mesi scorsi dal CNAIPIC (Centro Nazionale per la Protezione delle Infrastrutture critiche) che ha rilevato oltre 8 mila attacchi verso “obiettivi sensibili”.
Purtroppo, possiamo facilmente prevedere che il trend resterà questo anche in futuro. Abbiamo già scritto più volte del basso tasso di punibilità di questo tipo di delitti e di come sia estremamente redditizio. In diverse occasioni ho citato il caso del canadese Sebastien Vachon-Desjardins.
Arrestato per spaccio di droga e trovato in possesso di 800 mila dollari canadesi, si scopre successivamente che era affiliato a un noto gruppo di cybercriminali di matrice russa. A seguito della sua confessione, gli vengono sequestrati anche alcuni wallet in bitcoin per un controvalore di 27 milioni di dollari.
Il timore, inoltre, è quello di un progressivo avvicinamento tra le criminalità organizzate tradizionali e quelle cyber, con le prime che facilmente avranno notato le “performance” economiche del settore, il quale, peraltro, si è organizzato in una modalità “as a service”. Questa struttura del mercato rimuove la competenza tecnica come barriera di accesso, che può essere surrogata dall’ampia disponibilità di capitali di cui, siamo ragionevolmente certi, il crimine organizzato dispone.
Per chiudere, torniamo ai numeri per rilevare che si tratta soltanto di una parte dei delitti. Anche nel mondo oltre lo schermo esiste quello che i criminologi definiscono “numero oscuro”, ovvero la differenza tra crimini rilevati e commessi. Pressoché impossibile conoscere le dimensioni del fenomeno; però, ci sono alcuni ambiti in cui la denuncia spesso non viene presa in considerazione. Un esempio in tal senso è quello relativo alle aziende colpite da attacchi ransomware. Il timore del danno reputazionale è in molti casi considerato ragione necessaria e sufficiente per mantenere un assoluto riserbo. Un silenzio che, purtroppo, diventa un ulteriore incentivo per i cyber criminali.
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