AUMENTO MORTI DI COVID/ Bisogno di certezze sui vaccini: comanda forse Big Pharma?

 

Se si consulta la base di dati dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) sui vaccini anti-Covid-19 sviluppati nel mondo, ci si rende conto che la sperimentazione sui vaccini è solo iniziata. Infatti:

1) nel mondo, si stanno producendo una sessantina di vaccini contro il Covid-19. Tra questi, 15 vaccini hanno iniziato la cosiddetta fase 3 della sperimentazione sulle persone, fase che, di norma, precede la loro diffusione sulla popolazione. Fra questi 15 vaccini che sono più avanti nella sperimentazione, 5 sono stati acquistati dalla Ue anche per conto dell’Italia, 5 sono cinesi e gli altri 5 sono prodotti in altre parti del mondo (Russia, India, Canada, Usa). L’Italia, di vaccini, ne ha acquistato anche un sesto che però è solo nella fase 2 della sperimentazione;



2) tra i sei vaccini acquistati dall’Italia, due prevedono il completamento della fase 3 nel corso del 2021: uno è quello di CureVac, che dovrebbe completarsi a novembre 2021, il secondo è quello di AstraZeneca-University of Oxford che si concluderà a dicembre del 2021. Un terzo vaccino, quello di Pfizer-BioNTech-Fosun, dovrebbe ottenere i risultati intermedi a luglio del 2021, però l’esperimento sarà definitivo a gennaio del 2023. Altre due aziende sviluppatrici di vaccini (Janssen e Moderna) hanno pianificato la conclusione della fase 3 tra ottobre del 2022 e marzo del 2023. La sesta azienda sviluppatrice, la Sanofi-Gsk, è in netto ritardo rispetto alle altre, dato che concluderà la fase 2 della sperimentazione a ottobre 2021 (della fase 3 di questo vaccino non sa nulla neppure l’Oms). Nella Tabella 1 riepiloghiamo lo stato della sperimentazione per i sei vaccini acquistati dall’Italia;



3) ai fini della valutazione dell’efficacia del vaccino, la fase 3 ha un primo momento di verifica dopo pochi giorni dalla somministrazione della seconda dose. Per esempio, Moderna ha rilevato a dicembre del 2020 un’efficacia del 94% 14 giorni dopo la seconda iniezione (avvenuta 28 giorni dopo la prima: Baden et al., 2020); Pfizer, nello stesso mese, ha stimato che il proprio vaccino ha un’efficacia del 95% a 7 giorni dalla iniezione di richiamo (avvenuta 21 giorni dopo la prima: Polack et al., 2020). Su questi dati le agenzie internazionali del farmaco hanno basato le proprie inferenze per autorizzare la vendita dei vaccini. Il taglio dei tempi, non v’è dubbio, è dovuto alla necessità di disporre di vaccini in condizioni di emergenza.



Tabella 1: Caratteristiche tecniche dei vaccini acquistati dall’Italia (fonte: Novel Coronaviris Landscape Covid-19, OMS; aggiornamento: 29/12/2020)

Sviluppatori Tipo (*) Tempistica dosi Fase in corso Durata della sperimentazione
AstraZeneca – University of Oxford VVnr 0 + 28 3 Maggio 2020 – Dicembre 2021
Janssen – Johnson&Johnson VVnr 0 oppure

0+56

3 Settembre 2020 – Marzo 2023
Moderna – NIAID mRNA 0 + 28 3 Luglio 2020 – Ottobre 2022
Pfizer – BioNTech – Fosun mRNA 0 + 28 3 Aprile 2020 – Luglio 2021 – Gennaio 2023 (**)
CureVac mRNA 0 + 28 3 Settembre 2020 – Novembre 2021
Sanofi Pasteur – GSK PS 0 + 21 2 Settembre 2020 – Ottobre 2021

(*) VVnr = Vettore Virale non replicabile; mRNA = RNA messaggero; PS = Subunità proteica; (**) I primi risultati dell’esperimento sono previsti per luglio 2021, quelli definitivi per gennaio 2023.

Siccome non è semplice capire quanto i dati di cui sopra informino ai fini della vaccinazione, andiamo per gradi. La sperimentazione di un vaccino si svolge in tre fasi.

La prima su pochi casi, spesso meno di 100, che sono quasi sempre dei sanitari che le case farmaceutiche hanno sotto mano.

La seconda è una sperimentazione vera e propria e si basa sul confronto tra la copertura antivirale data dal vaccino a un campione di medie dimensioni (da 600 a 1.000 unità di popolazione) rispetto ad un campione di controllo di pari dimensioni. Alla fine, si dice che il vaccino ha un’efficacia del 60% se “copre” il gruppo vaccinato per il 60% più di quello di controllo.

La terza fase consiste in un esperimento su vasta scala, dell’ordine di decine di migliaia di persone, considerando trattati e controlli: l’esperimento mira a testare la quantità e la tempistica delle dosi, le caratteristiche della popolazione e quant’altro si vuole conoscere per definire le regole di somministrazione del vaccino alla più generale popolazione. Quindi, ad oggi, nessuno tra i sei vaccini acquistati dall’Italia e dagli altri paesi europei ha completato la sperimentazione. Tra i 6 vaccini, 5 hanno superato la verifica iniziale della fase 3, quella che ne ha reso possibile la commercializzazione, il sesto è molto più indietro.

In tutte le fasi sperimentali, i campioni sono formati da volontari, con esplicite regole di reclutamento per – e di esclusione da – l’esperimento. È implicito che l’esclusione di una categoria di persone costituisce un limite alla possibilità di generalizzazione dei risultati dell’esperimento. Per esempio, quasi tutte le aziende sviluppatrici stanno sperimentando il vaccino su popolazioni che hanno almeno 18 anni di età (secondo l’Oms, solo la Pfizer-BioNTech-Fosun sta somministrando il vaccino dai 12 anni in su). Pertanto, i risultati dell’esperimento vaccinale non si possono estendere automaticamente anche ai giovani che non raggiungono l’età minima al reclutamento.

La scelta di non coinvolgere persone minorenni nell’esperimento discende da considerazioni pratiche. E allora come si devono vaccinare i giovani sotto l’età minima? Li si vaccina lo stesso e, se sì, dovranno essere inoculati con lo stesso dosaggio degli adulti? Inoltre, è sufficiente che un’azienda sviluppatrice sperimenti il proprio vaccino su un campione di minorenni per estendere gli esiti di quell’esperimento a tutti gli altri vaccini, oppure l’estensione può riguardare solo il medesimo tipo di vaccino (i vaccini per gli italiani sono di tre tipi diversi: si veda la seconda colonna della Tabella 1), oppure non è logico fare alcuna estensione?

Facciamo un esempio: se un’azienda sperimenta un vaccino del tipo RNA-messaggero su minorenni, possiamo estenderne gli esiti anche agli altri vaccini RNA-messaggero? Se così fosse, l’esperimento della casa Pfizer sui giovani tra 12 e 17 anni dovrebbe valere anche per i vaccini Moderna e CureVac. Se, invece, l’estensione non vale, come ci si deve comportare? Cinicamente, si può ipotizzare di lasciare i giovani senza vaccino, tanto si ammalano in esigua proporzione e gli effetti funesti sono rarissimi (per il tasso di contagio e il tasso di letalità per classe di età in Italia si veda la Tabella 2). Oppure, ancora più cinicamente, li si vaccina e poi si vede che cosa succede? Questo è cinismo da emergenza, ma resta cinismo bello e buono.

Tabella 2. Tasso percentuale di ricovero in ospedale e tasso percentuale di letalità, per classe di età della popolazione italiana, anno 2020 (fonte: nostre elaborazioni su dati tuttitalia.it e ISS: https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/bollettino/Bollettino-sorveglianza-integrata-Covid-19_5-gennaio-2021.pdf)

Età % casi segnalati % letalità
Fino a 9 1,6 *
10 – 19 2,9 *
20 – 29 4,0 *
30 – 39 3,6 0,1
40 – 49 3,6 0,2
50 – 59 3,9 0,6
60 – 69 3,1 3,0
70 – 79 2,9 10,2
80 – 89 4,1 19,5
90 e più 7,3 24,3
Totale 3,4 3,5

(*) Meno dell’1 per mille dei casi.

Ci chiediamo, inoltre, se ciò che abbiamo scritto per i giovani sotto i 18 anni vale anche per le numerose categorie che sono state esplicitamente escluse dagli esperimenti per la validazione dei vaccini, vale a dire:

• le donne incinte o potenzialmente gravide;

• le persone che hanno manifestato gravi reazioni allergiche ai vaccini o hanno storie di convulsioni, epilessia, encefalopatie, malattie mentali, malformazioni congenite, disordini dello sviluppo, difetti genetici, gravi malattie epatiche o renali, ipertensione, complicazioni diabetiche, tumori maligni, malattie cardiovascolari, disfunzioni nella coagulazione sanguigna;

• le persone con immunodeficienza, Hiv, linfomi, leucemia o malattie autoimmuni, oppure trattate con farmaci immunoterapici o inibitori o con altri vaccini, oppure che hanno ricevuto plasma sanguigno da meno di tot mesi, oppure che hanno avuto Sars o Mers o che manifestano sintomi da contagio da coronavirus.

Insomma, l’equivalente di molti milioni di italiani è stato deliberatamente escluso dagli esperimenti delle case farmaceutiche. È probabile che alcune categorie siano state escluse per prudenza, onde evitare che ormoni, malattie croniche, difetti genetici, immunodeficienze o immunità già acquisite, o altri farmaci, interferiscano con il vaccino sperimentale. Oppure, come nel caso delle donne incinte, si vuole evitare il rischio di fare del male al nascituro. Paradossalmente, gli esperimenti svolti finora sui vaccini mirano a valutare il livello di protezione contro la malattia delle persone adulte senza difetti e senza situazioni a rischio, e non quelle che presentano problemi di vario tipo e che rappresentano quindi la parte di popolazione che è più a rischio di gravi conseguenze della malattia.

Dalla Tabella 2 emerge chiaramente che il virus è democratico, cioè colpisce in quasi egual misura giovani e meno giovani. Però, mentre risparmia i giovani (muore meno di uno ogni mille contagiati di età inferiore a 30 anni) e dà un avvertimento a quelli di mezza età (muore meno di uno ogni cento contagiati di età 30-59), si accanisce contro i vecchi (muore uno ogni dieci contagiati di 70-79 anni, uno ogni cinque di 80-89 anni e uno ogni quattro dai 90 in su). Anche se i dati dell’Istituto superiore di sanità utilizzati per questo calcolo sono mere approssimazioni dei contagi da Covid-19, le suddette tendenze sono nitide.

Qual è, dunque, il punto d’equilibrio tra la prudenza pratica degli sperimentatori di vaccini e il rischio che il vaccino abbia effetti avversi, oppure scarsamente protettivi (e per questo ancora una volta avversi) sulle categorie di persone escluse, dato che – persino alla fine della sperimentazione – non si saprà nulla né dell’efficacia, né del rischio di effetti secondari del vaccino su di loro? Se vengono vaccinate, d’altra parte, conosceremo gli effetti del vaccino senza possibilità di rimedio. Allora, perché l’Oms si accontenta di fare da “notaio contemplativo” degli esperimenti che le case farmaceutiche stanno conducendo ciascuna per proprio conto e non impegna le agenzie nazionali e internazionali del farmaco a rispondere a questi interrogativi?

Si noti che dai discorsi fatti sono esclusi i protocolli formali da seguire nella sperimentazione, perché, se dovessimo seguire le regole normali, non dovremmo assumere alcun vaccino, visto che nessun vaccino ha completato la sperimentazione. Il problema è che siamo in emergenza e che nessuno sa cosa fare. Che cosa facciamo, infatti, se vediamo uno che sta per annegare? Tentiamo di afferrarlo come possiamo, anche per i capelli, non andiamo tanto per il sottile. Quindi, perché si aspetta l’ultimo minuto per afferrare per i capelli le categorie a maggior rischio di sprofondare?

I vecchi, è ben noto, di capelli ne hanno pochi. E ci sono tante altre persone la cui calvizie è iniziata prima della vecchiaia. Visto che siamo ancora in tempo, perché non si impongono esperimenti proprio su queste categorie a rischio oltre che (vorremmo dire invece che) sulle persone quasi perfette sulle quali sappiamo già che il vaccino avrà effetti positivi in notevole percentuale?

Possiamo fare tre facili previsioni. Una è che, prima o poi, grazie ai vaccini e alla buona volontà degli italiani, avremo ragione del virus; la vicenda finirà persino prima che si concludano le sperimentazioni.

La seconda è che gli errori strategici che abbiamo sopra delineato determineranno una diversa mortalità per Covid.

La terza è che i saccenti incollati come francobolli alle radio e alle televisioni diranno che l’eccesso di contagi e di morti rispetto alle attese è irrilevante, è colpa nostra, e comunque non si poteva prevedere. Tutto nella normalità, con tendenza al peggio.

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