L’Australia sembra essere intenzionata a fare da apripista per un progetto che in un futuro neppure troppo lontano potrebbe arrivare anche in questa parte dell’Occidente, con il presidente laburista Anthony Albanese che ha annunciato l’avvio di un censimento LGBT con il quale verranno sondate le preferenze sessuali di tutti i cittadini a partire dall’età di 16 anni: il progetto dovrebbe iniziare ufficialmente nel 2026, mentre di fatto si trattava di una promessa elettorale che sarebbe dovuta entrare in vigore già lo scorso anno, rallentata poi dall’estate che avrebbe reso difficili i lavori di adeguamento delle piattaforme anagrafiche.



Ad annunciare la novità è stato – appunto – il presidente laburista entrato in carica ormai due anni fa in un discorso davanti alla nazione nel quale spiega di aver discusso dell’ipotesi per “una settimana” prima di giungere ad un quadro che porterà a porre domande sull’orientamento sessuale e l’identità gender “a tutti gli australiani di età superiore ai 16 anni” precisando anche che “le risposte non saranno obbligatorie“; mentre nello stesso discorso ha anche annunciato lo stanziamento di 800 milioni di dollari locali per combattere la violenza domestica e di genere.



Australia: via al censimento LGBT per “combattere la discriminazione della popolazione vulnerabile”

Tornando al punto di partenza, non dovrebbe stupire particolarmente l’idea proposta in Australia di censire la popolazione LGBT (che si stima attestarsi attorno ai 3 milioni di persone) sia perché – da un lato – un progetto simile era stato promosso e testato anche sul territorio britannico, sia – dall’altro lato – per il fatto che i laburisti hanno bisogno di conquistare quei 3 milioni di (ipotetici) voti nel corso della prossima corsa elettorale assumendo una posizione vicina ai diritti sociali che difficilmente liberali e conservatori potrebbero appoggiare o anche solo ipotizzare.



Tecnicamente il censimento LGBT – spiega la direttrice dell’associazione Equality Anna Brown – dovrebbe servire a garantire la raccolta di “dati vitali su alcune delle popolazioni più vulnerabili” al fine di “combattere la discriminazione e promuovere l’accettazione” della popolazione non binaria grazie alla semplice “visibilità dei dati”; ma dall’altro canto tra le file liberali e conservatrici si temono scenari di controllo della popolazione di orwelliana memoria e – non a caso – è già stata promessa battaglia contro il provvedimento.