Donne australiane e bambini si trovano in Siria, nei campi profughi riservati alle famiglie dei combattenti dell’Isis. Da tempo il Governo cerca di riportarli in patria, ma non sempre le operazioni hanno avuto successo. Un primo gruppo di 17 persone è partito a ottobre scorso, ma ne restano sul posto ancora oltre 40. Al momento, secondo quanto apprende il Saturday Telegraph da fonti interne all’esecutivo, non ci sarebbero nuovi piani di attuazione imminenti, sebbene la questione sia di elevata priorità.



Un team di avvocati che agiscono per conto dei bambini e delle loro madri sta ora elaborando delle azioni legali per un caso che potrebbe essere depositato presso la Corte Suprema. Esso sosterrà che le mogli dei combattenti dell’Isis sono detenute nei campi dal Governo australiano stesso e chiederanno per questo motivo di essere portate davanti a un tribunale in patria per discutere il loro status. Anche perché la gestione, successivamente al rimpatrio, non è semplice. Mariam Raad, che è tra le 17 donne arrivate a ottobre, è stata arrestata a gennaio per i crimini commessi in Siria.



Australiane in Siria: sono 40 mogli di combattenti Isis, l’appello di Save the Children

Nonostante le difficoltà, la volontà di provvedere al rimpatrio delle oltre 40 australiane in Siria c’è. A rivolgere un appello al Governo affinché le procedure vengano accelerate è stato anche Save the Children, che è stata incaricata di fungere da tutore giudiziario per un gruppo di bambini innocenti e le loro madri che chiedono di potere abbandonare i campi nel nord-est del Paese e rientrare nel loro Paese di origine.

“Esperti umanitari, giuridici internazionali e di sicurezza nazionale concordano sul fatto che la cosa migliore per il Governo è rimpatriare urgentemente le donne e i bambini australiani da questi campi. Abbiamo riunito un team legale di alto livello per preparare una domanda per un atto di habeas corpus per conto di queste persone, che sono bloccate lì da almeno quattro anni. L’obiettivo è quello di evitare la prospettiva di un’azione legale, ma le famiglie sono diventate sempre più disperate, poiché i rischi per la salute e la sicurezza dei loro figli crescono ogni giorno che passa”, ha affermato il CEO Mat Tinkler.