Anche il voto per il nuovo parlamento austriaco ha confermato quella che è ormai una conclamata realtà: il 30% circa dell’elettorato europeo vota per la destra, più o meno “estrema” a seconda dei vari Paesi europei. Possiamo etichettare questa scelta come neonazista, populista, razzista, fascista, anti-europeista e con tutti gli “ista” che vogliamo, ma si gira sempre intorno allo stesso problema: queste forze politiche sono associabili o no al governo? O deve invece continuare l’ostracismo nei loro confronti e quindi vanno scelte coalizioni di centro-sinistra o addirittura “grandi coalizioni” all’insegna dell’antifascismo?
È chiaro che questa è la comoda tesi della sinistra, ma l’Europa è vittima di una grande contraddizione: prima criminalizza la destra dichiarandola impresentabile, poi quando l’elettorato democraticamente la premia non ci si può contraddire e allora si alzano i muri e si cercano alleanze tra il centro e la sinistra.
La realtà e che l’esempio austriaco dimostra come un Paese “tranquillo” sia profondamente turbato dalla guerra in Ucraina e dalle soluzioni “made in EU” su economia e immigrazione ed è un fatto che non si può nascondere.
L’alternativa sarebbe aprire alla destra, inserire nei programmi di governo almeno alcuni punti che essa sostiene e coinvolgerla: è quello che sta succedendo in Francia, anche se Macron cerca di minimizzarlo.
Tra l’altro l’esempio italiano è calzante: dopo due anni perfino a Bruxelles hanno capito che la Meloni non è poi così neofascista come era stata dipinta e in definitiva ha solo una declinazione diversa su alcuni temi rispetto all’alleanza PPE-sinistra che comanda in Europa.
Un motivo della vittoria elettorale del FPÖ austriaco (divenuto primo partito come Fratelli d’Italia e il Rassemblement National in Francia) spinto dal leader Herbert Kickl è di essersi presentato con un profilo più moderato, passepartout decisivo per non rimanere perennemente in panchina. Proprio il potersi dipingere come alternativa credibile alle maggioranze uscenti gli ha fatto guadagnare voti.
Piuttosto è spesso proprio l’informazione a inventare i mostri: leggere che con il voto in condotta riproposto da Valditara “l’Italia riporta la legge di Mussolini” (come ha scritto ieri l’importante quotidiano tedesco Bild) sembra davvero una sciocchezza, ma come possono saperlo i lettori tedeschi? Certo ci sono poi i siparietti nazionali come quello italiano, con Tajani (Forza Italia) che parla di “rigurgito nazista” in Austria (Salvini gli ha augurato una migliore digestione).
D’altronde se a una parte consistente degli europei non vanno giù le politiche ambientaliste, quelle economiche della BCE, l’immigrazione incontrollata e tanti altri temi controversi come possono in democrazia gli elettori esprimere il proprio dissenso se non votando per chi non le approva?
Tra l’altro è anche serio chiedersi se sia legittimo (oltre che utile dal punto di vista elettorale per i governi di centro-sinistra in carica) continuare con l’ostracismo pur di allontanare gli sgraditi (sgraditi e dunque “neri”) da ogni forma di rappresentanza. Per esempio è notizia di oggi che il gruppo “Patrioti per l’Europa” (Lega, RN di Bardella, gli ungheresi del Fidesz e altri, terzo gruppo con 84 deputati all’Europarlamento) ha depositato un ricorso ufficiale alla Corte di Giustizia dell’Ue proprio contro il Parlamento europeo per l’applicazione nei loro confronti del “cordone sanitario” che li ha esclusi da tutte le cariche nelle commissioni e nelle vicepresidenze (sono 14, distribuite in modo proporzionale in base ai risultati elettorali e devono essere rappresentate anche le opposizioni), oltre all’ulteriore “ovvia” esclusione dei tedeschi dell’AfD che sono considerati ancora più a destra.
È vincente la politica del presidente del PPE Manfred Weber che ha ribadito ancora di recente che “non c’è nessuna collaborazione con l’estrema destra, perché per noi come cristiano-democratici e come PPE, i criteri fondamentali per la cooperazione sono l’essere a favore dell’Europa, dell’Ucraina e dello Stato di diritto”?
Di sicuro non la pensa così l’eurodeputato del PPE Oliver Schenk, che è stato capo della cancelleria di Stato della Sassonia dal 2017 al 2024 (ora è entrato al Parlamento europeo), che ha replicato: “In Sassonia abbiamo applicato il Brandmauer (muro di contenimento) e questo ha reso l’AfD ancora più popolare (…). Il risultato nella mia regione non ha avuto molto successo (l’AfD ha superato il mese scorso il 30%) e accusare questo partito di essere fascista li ha resi ancora più forti”.
Nella stessa Austria non è detto, tra l’altro, che tenga l’ostracismo: molti si chiedono se non sia meglio una alleanza PPE-FPÖ invece di una con la sinistra. Ancora una volta saranno determinanti le divisioni interne dei Popolari.
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