MINORI TRANS, LA BATTAGLIA DEL PADRE PER FERMARE L’OPERAZIONE DEL FIGLIO (OGGI 21ENNE)

Una lunga battaglia che da anni intraprende un padre in Inghilterra per impedire che il figlio autistico, oggi 21enne, possa completare in maniera definitiva la transizione di genere con l’operazione finale del cambio di sesso. Letta così parrebbe un tentativo di fermare la libertà del singolo ma la vicenda raccontata in questi giorni dal “Mail on Sunday” è ben più complessa di quanto possa sembrare: c’entrano infatti le “cure” della clinica per bambini trans Tavistock (chiusa nell’estate 2022) ma pure l’intervento dei servizi sociali per minori prima e adulti ora.



La vicenda è cominciata quando il ragazzo aveva addirittura solo 13 anni e venne accolto dalla clinica Tavistock di Londra – solo negli ultimi mesi al centro degli scandali per le “esortazioni” ai minori in cura verso la transizione di genere – con l’inizio delle terapie per accompagnare il soggetto al cambio di sesso futuro. A 16 anni al ragazzo, nato maschio, sono stati prescritti farmaci che bloccano la pubertà contro la volontà dei genitori: a 18 anni invece il ragazzo convinto a voler diventare trans, è stato trasferito in una clinica per adulti del NHS (servizio sanitario nazionale Uk) nel nord-ovest dell’Inghilterra per essere sottoposto ad una prima vaginoplastica. Ora però il padre – passati due anni da quella prima operazione – vuole cercare di bloccare in extremis l’ultimo definitivo intervento, previsto per questa settimana, per la costruzione dei genitali femminile e la completa amputazione di quelli maschili.



IL DOLORE DEL PADRE: “TAVISTOCK DISASTRO E PURE CENTRI SOCIALI: NON HANNO PROTETTO MIO FIGLIO AUTISTICO”

L’uomo ha intentato un atto legale in extremis, scrive il Sunday, «per impedire che il figlio transessuale “vulnerabile” si sottoponga all’intervento chirurgico di riassegnazione del genere questa settimana». È lo stesso padre a raccontare al quotidiano Uk, «Siamo rimasti sconvolti quando abbiamo saputo che si sarebbe operato. È stato sottoposto a quel disastro che è il Tavistock e poi ai servizi per adulti, che credo siano molto meno severi. Loro lo confermavano continuamente».



La denuncia del genitore è durissima e ravvisa tutto il dramma insito in una vicenda che purtroppo non è isolata nel Regno Unito: «Non credo che i servizi per adulti abbiano tenuto conto del suo autismo e della sua salute mentale frammentata. Ha avuto molti episodi di autolesionismo e almeno un tentativo di suicidio di cui siamo a conoscenza. Siamo convinti che i bloccanti della pubertà e gli organismi cross-sessuali abbiano peggiorato la sua salute mentale». La speranza, dice il padre, è che l’operazione chirurgica venga interrotta almeno fino a quando il ragazzo non avrà compiuto 25 anni. Secondo l’avvocato che segue la famiglia del ragazzo, il padre chiede un riesame giudiziario proprio per la mancata protezione dei giovani adulti con spettro autistico: «I giovani vulnerabili vengono indirizzati verso un percorso di infertilità e di cambiamenti irreversibili per tutta la vita. I clinici che osano sfidare questo percorso rischiano la disciplina professionale per terapia di conversione. Il sistema è profondamente e pericolosamente rotto. Questo controllo giudiziario farà luce su una pratica medica profondamente preoccupante che è sfuggita al controllo», conclude il legale Paul Conrathe al Sunday. Dalle polemiche contro la clinica Tavistock a simili critiche lanciate contro le cliniche di genere del Servizio Sanitario nazionale, il tema infiamma l’opinione pubblica inglese: in questi giorni Ritchie Herron, 36enne funzionario pubblico di Newcastle, racconta alla stampa Uk di essere profondamente pentito per l’operazione di cambio di sesso e per questo ha scelto di aprire un’azione legale contro il NHS britannico. «L’operazione nel 2018 ha distrutto il mio desiderio sessuale, mi ha lasciato sterile, incontinente e con dolori continui», denuncia l’uomo: «la clinica di genere del Servizio sanitario nazionale per adulti non ha tenuto conto del peggioramento dei miei problemi di salute mentale e non mi ha informato adeguatamente sui rischi».