«Nel 2014 io, mio marito e i nostri due figli abbiamo deciso di tornare a vivere in Italia dopo 15 anni trascorsi qui. L’aria era irrespirabile, e ci sono stati giorni in cui i bambini non potevano andare a scuola perché i livelli di inquinanti nell’aria erano troppo elevati». A parlare è una dei tanti expat occidentali, che ha vissuto a Shanghai per lavoro. Si calcola che prima della pandemia gli stranieri residenti in città per motivi lavorativi o di studio fossero più di un milione; dopo il Coronavirus, i numeri probabilmente si sono ridotti a un decimo.



Oggi, camminando per le strade della metropoli, con il traffico intenso di una città che conta 24 milioni di abitanti, quasi quanto il nord Italia, e occupa una superficie grande come metà della Campania, si rimane colpiti da due cose: aria pulita e silenzio. I veicoli elettrici in circolazione nella megalopoli cinese, facilmente riconoscibili grazie alla particolare targa verde, sono più di in milione e 300mila supportati da più di 800mila punti di ricarica (fonte Shanghai Gov). Numeri che fanno di Shanghai la città con il maggior numero di veicoli elettrici al mondo.



E se nel 2014 l’aria era irrespirabile oggi, nel 2024, è migliore di quella di Milano. Basta scendere la scaletta dell’aereo all’aeroporto internazionale di Pudong per rendersene conto.

Ma cos’è successo in questi dieci anni? La corsa all’elettrico ha iniziato ad accelerare in maniera significativa nel 2017, quando il Governo centrale ha deciso di scommettere tutto sulla mobilità elettrica, con agevolazioni, politiche ad hoc e investimenti diretti dello Stato. Gli anni della pandemia non hanno interrotto il processo. Con la popolazione costretta a rimanere in casa, il Governo è intervenuto sulle infrastrutture, potenziando ed espandendo in maniera sempre più capillare i sistemi di ricarica.



In questi anni milioni di autobus e taxi sono passati dal gasolio e dalla benzina ai motori elettrici, per una semplice fatto di convenienza. Ad esempio, per i taxi che si appoggiano all’applicazione Didi, una sorta di Uber cinese, sono state previste agevolazioni economiche per le ricariche, tanto che oggi è quasi più conveniente spostarsi con i taxi elettrici che con la metropolitana. Ma non si tratta solo di sussidi, ma anche di politiche attive che hanno incoraggiato l’acquisto di auto elettriche. A Shanghai e in altre città della Cina per ottenere il permesso di circolazione e la targa per la propria auto a benzina o diesel si deve attendere una media di due o tre anni. Chi acquista invece un’auto elettrica può utilizzarla subito. Inoltre, le Ev cinesi sono performanti e costano poco con un prezzo base che si aggira intorno ai 15mila euro. Se consideriamo che lo stipendio di un impiegato medio a Shanghai è salito a un equivalente di circa 1.300 euro mensili e il costo della vita decisamente più basso che in Europa si intuisce il successo dell’elettrico. A questo si aggiunge anche il fatto che il prezzo medio per una ricarica, nelle colonnine pubbliche, si aggira intorno a 0,15 euro per KWh.

Ovviamente, il processo di decarbonizzazione non ha riguardato solo la mobilità, ma anche le realtà produttive intorno a Shanghai che sono state costrette a modernizzare (o a delocalizzare) gli impianti situati nei pressi delle aree urbane. Tuttavia, la qualità dell’aria, per così dire, a livello del marciapiede, è migliorata proprio grazie alla riduzione dei tubi di scarico.

C’è un ultimo aspetto legato alla viabilità che colpisce chi cammina per le strade di Shanghai ed è l’assenza di auto parcheggiate a bordo strada. Non ci sono stalli per le macchine e non esiste la sosta selvaggia. Ogni quartiere dispone di parcheggi sotterranei di cinque o più piani: tutti dotati di sistemi di ricarica.

A Roma si stima che gli automobilisti impieghino di media 35 minuti per trovare parcheggio nel proprio quartiere. Sulla mobilità elettrica, forse, il Far East può insegnarci qualcosa.

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