Utilizzare l’auto aziendale 2025 prevede delle regole da dover rispettare per evitare che il dipendente possa essere licenziato. Seppur possa sembrare un “paradosso” o una “esagerazione”, la Cassazione ha stabilito che un impiegato che durante l’orario di lavoro svolge delle commissioni personali con la vettura dell’impresa può essere oggetto di licenziamento.
Secondo l’Ordinanza della Suprema Corte, con il numero 3607 e risalente al 12 febbraio di quest’anno, il datore di lavoro non solo ha la libertà di assumere un investigatore per comprovare il reale utilizzo – durante le ore di lavoro – della macchina aziendale affidata al dipendente, ma può anche licenziarlo laddove l’uso sia per motivi extra lavorativi.
Auto aziendale 2025 per un uso personale ma non autorizzato
Una auto aziendale 2025 – salvo si tratti di uso promiscuo – non può essere utilizzata per motivi extra lavorativi. Nella sentenza sopra citata della Cassazione, la Suprema Corte ha ritenuto gravissimo che un lavoratore usi la macchina dell’impresa per i suoi affari e non per quelli strettamente annessi all’attività dell’azienda.
Un atto così grave tanto da rendere legittimo il licenziamento, così come viene concesso al datore di lavoro pagare un investigatore privato per riuscire a risalire ai fatti realmente accaduti (o semplicemente per confermare un suo sospetto).
Anche se i contratti collettivi del lavoro specificano ed elencano delle giuste cause per i licenziamenti, non riportando ad esempio l’uso dell’auto dell’impresa per svolgere i propri affari personali, tale decisione spetta arbitrariamente al Giudice di competenza, stabilendo se ritenere opportuno o meno il licenziamento.
Controlli investigativi ammessi per l’accertamento
Un datore di lavoro che ha il sospetto che il lavoratore possa agire ai danni dell’azienda (sia che si tratti di frode sia avvenimenti di altra natura), come ad esempio utilizzare una macchina dell’impresa per svolgere delle commissioni extra lavorative e durante il turno di lavoro, è libero di investigare come preferisce.
Nella sentenza di riferimento l’impresario aveva assunto un investigatore privato per confermare o smentire i suoi sospetti, ovvero un inadempimento del lavoratore che pur avendo timbrato la presenza aveva utilizzato l’auto aziendale per i suoi affari personali e senza autorizzazione.