Fare il punto sul Salone dell’auto di Parigi è facile: non è successo niente, o quasi. Per capire dove sta andando il settore non c’era bisogno di andare fin sotto la Torre Eiffel e infatti la maggior parte dei costruttori non lo ha fatto. Il salone si è aperto solo perché i francesi lo volevano fortemente e i marchi transalpini c’erano tutti, ma, per capire, Stellantis ha portato Peugeot, Citroen e Jeep, ma non Opel, Fiat, Alfa Romeo e Maserati. Non c’erano i marchi giapponesi, gli americani, i coreani e i tedeschi.



Solo Mercedes ha organizzato qualcosa a Parigi, ma per l’anteprima mondiale del suo nuovo Suv elettrico, Eqe, non ha voluto uno stand a Porte de Versailles e ha scelto di organizzare un evento al Museo Rodin nella zona di Faubourg dedicato al celebre scultore Auguste Rodin. Altra classe. Dunque, Mercedes c’era e non c’era. E anche chi c’era davvero ha visto poco o niente in una atmosfera dimessa, preoccupata, stranamente poco affollata. Insomma, il salone si doveva fare ed è stato fatto. Stop. Il settore ha poco da festeggiare e, soprattutto, pochi soldi da spendere in manifestazioni che, secondo molti, non hanno più ragione di esistere.



Tenetevi forte sulla sedia… il focus del salone è stato l’elettrico. I francesi hanno presentato un po’ di show car avveniristiche come il concept della versione elettrica della Jeep Avenger, la Renault 4ever, reinterpretazione del classico Renault 4 e la R5 Turbo 3E. Auto che forse vedremo sulle strade e forse no. Oppure auto di cui pochi sentivano la mancanza come la DS 3 Crossback che nella sua versione elettrica E-Tens.

L’unica cosa significativa del salone è stata la folta e inusuale presenza di marchi cinesi a Porte de Versailles. Prima della pandemia avevano stand grandi come fazzoletti, mentre quest’anno hanno fatto le cose in grande. Badando al sodo potremmo pensare che per riempire gli spazi gli organizzatori del salone abbiano offerto forti sconti a chiunque e la presenza di un marchio vietnamita potrebbe confermarlo. Guardando un po’ più in là del proprio naso, invece, si può tranquillamente pensare che l’invasione sia davvero cominciata. Naturalmente con un cavallo di Troia elettrico.



Byd ha portato a Parigi tre vetture elettriche in arrivo in Italia nel 2023: Han, una berlina sportiva, Tang, un Suv familiare a 7 posti, e Atto 3, un crossover compatto di segmento C che costerà 38.000 euro (il fatto che Byd sia il terzo produttore al mondo di batterie significa pur qualcosa). Great Wall ha portato i marchi Wey e Ora ha fatto vedere la compatta elettrica Cat che scimmiotta, molto male, la Porsche Panamera.

A parte i nomi improbabili delle vetture, l’invasione cinese del mercato automotive è sempre stata evitata per la loro manifesta inferiorità in campo meccanico, produttivo e di design. Ora, almeno sul primo punto, l’avvento dell’elettrico cambia tutto. La gran parte del costo dell’auto sono le batterie e Pechino ha in mano il quasi monopolio delle materie prime per costruirle. In Cina vengono raffinati e processati il 40% del rame, il 35% del nickel, il 65% del cobalto e il 60% del litio. Sulle terre rare la quota cinese arriva quasi al 90% della produzione planetaria.

I giochi sono già fatti e qualcuno a Bruxelles non lo sa ancora o fa finta di non saperlo.

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