Non è vero che agli italiani non piacciono le auto elettriche. Nel 2023 ne sono state vendute oltre 66mila con un incremento del 35,1% rispetto al 2022. Si tratta di un notevole balzo in avanti. Ma il problema è che l’Italia avanza più lentamente e soprattutto con un grave ritardo rispetto agli altri Paesi europei. E questo ritardo non sarà facilmente colmabile nei prossimi anni, soprattutto se il mercato si vedrà costretto a fare i conti con politiche incentivanti confuse, frammentate e controproducenti.
Guardiamo i dati. In Italia nel 2023 la quota di auto elettriche sul totale venduto è stata del 4%, mentre in Francia, Germania e Regno Unito la market share degli EV è compresa tra il 16% e il 18%. La differenza è un vero abisso che dà il senso di come nel nostro Paese agiscano dei freni non solo culturali. Ed evitiamo qui il paragone con i Paesi scandinavi dove le auto elettriche superano il 50% di quota di mercato.
La Spagna è l’unico tra i grandi Paesi europei ad aver venduto meno auto dell’Italia, ma con una crescita decisamente più forte che arriva a +75% rispetto al 2022.
In Italia questa situazione di lenta crescita ha generato anche un effetto paradossale: poiché la rete di sistemi di ricarica in Italia si sta invece diffondendo rapidamente, nel nostro Paese c’è il miglior rapporto tra EV charger e auto elettriche. E questo rappresenta un’ottima base per contrastare quell’ansia da ricarica alimentata anche da fake news sulla scarsa disponibilità di colonnine che invece oggi, soprattutto nel nord Italia, si trovano con una certa facilità e che in tutto il Paese sono circa 50 mila. Lo stesso vale per la rete autostradale dove oggi sono presenti oltre 900 (novecento!) punti di ricarica che coprono all’incirca un terzo delle aree di servizio. Significativo anche il fatto che il 60% di questi punti di ricarica autostradali appartiene alla categoria hypercharge in grado di ricaricare le batterie in un tempo davvero limitato che può arrivare sino a 10-15 minuti.
A frenare la diffusione delle auto elettriche resta però il fattore prezzo. Ma anche questo è un ostacolo che si avvia ad essere superato nell’arco di un paio di anni. Una recente ricerca di Bloomberg BNEF indica il 2025 come la data in cui le auto elettriche di fascia alta saranno meno care rispetto alle pari categoria alimentate a benzina e gasolio. Nel 2026 stessa sorte dovrebbe toccare alle auto di taglia small e medium, almeno in Europa.
E nel frattempo che si fa con il delta prezzo? Nel frattempo dovrebbero essere le politiche incentivanti a colmare questo gap e a favorire un cambiamento così importante per tutta la transizione energetica. Ma quella degli incentivi si può rivelare anche un’arma a doppio taglio. Soprattutto quando è gestita con quella sciagurata pratica della politica dell’annuncio che ottiene sempre il deplorevole effetto di bloccare istantaneamente quei fenomeni che si dovrebbero favorire.
Lo ha spiegato bene Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, associazione italiana che raccoglie operatori della filiera automotive, mondo accademico e movimenti di opinione: “Il 2024 può e deve essere l’anno del cambio di passo per il mercato auto italiano, ma in questo momento c’è grande apprensione tra gli attori della filiera e tanta confusione tra i cittadini. Purtroppo all’annuncio della rimodulazione degli incentivi auto non è seguita una tempestiva formalizzazione della disponibilità delle risorse, il che rischia da un lato di creare il caos tra gli operatori, che non hanno ancora informazioni complete, e dall’altro di paralizzare il mercato, perché i potenziali acquirenti sono naturalmente portati ad attendere le nuove agevolazioni prima di decidere come muoversi”.
Di come si possano gestire male gli incentivi ne abbiamo avuto un recente esempio (sempre a proposito di mobilità elettrica) con il bonus colonnine per il quale lo scorso autunno sono stati assegnati solo 6 milioni di euro su 80 previsti dal ministero delle Imprese e del Made in Italy. Disinteresse da parte degli italiani? No, tutt’altro. Le modalità scelte dal Ministero hanno reso impossibile l’accesso agli incentivi per la maggiore parte di quei privati e condomini che speravano di utilizzare il decreto per coprire una parte delle spese per l’acquisto e l’installazione di wall box per auto elettriche. Quali i problemi? Innanzitutto le tempistiche troppo ristrette: il decreto è stato pubblicato il 31 ottobre, e la finestra utile per l’intervento si chiudeva il 23 novembre. Un ostacolo che di fatto non consentiva agli stessi fornitori di wall box di rispondere a tutte le richieste ricevute. Se poi si aggiunge anche il fatto che l’impianto del decreto prevedeva un’eccessiva burocrazia e una modulistica complicata, in un contesto di scarsa informazione… Si capisce perché sia stata un’occasione sprecata. L’ennesima, che condanna il nostro Paese alla posizione di fanalino di coda della transizione europea verso la mobilità elettrica.
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