Succede in Italia, in Olanda, ma soprattutto in Germania e Stati Uniti: aumenta il parco delle auto elettriche che rimane invenduto. Proprio mentre l’Unione Europea sceglie di produrre solo vetture di questo tipo a partire dal 2035 (con unica eccezione le macchine alimentate da combustibili sintetici) i mercati, cioè i consumatori, si mostrano sempre più freddi nei confronti di questi modelli di automobili, riluttanti nell’acquistarle.
“Tutti i nodi vengono al pettine – dice Pierluigi Bonora, giornalista de Il Giornale esperto del settore automobilistico –. È una questione di costi, ma non solo”. Chi deve mettere in conto l’acquisto di un’auto si trova di fronte, infatti, nel caso delle elettriche, a prezzi superiori rispetto ai veicoli alimentati in altro modo. Non solo scoraggia il fatto, ad esempio, che mentre il rifornimento per chi usa macchine a benzina o diesel dura pochi minuti, quello delle elettriche è molto più lungo. Una scomodità che finisce per scoraggiare gli acquisti.
Anche in Germania e Stati Uniti le auto elettriche faticano a convincere i consumatori e l’invenduto rimane ancora alto. Le auto elettriche che abbiamo scelto come vetture del futuro in realtà non le vuole nessuno?
La Germania dimostra che se vengono meno gli incentivi l’auto elettrica diventa inavvicinabile come prezzi di listino. Anche l’inflazione e le norme sempre più stringenti, mi riferisco agli Usa, che impongono ai costruttori di alzare l’asticella dei piani industriali, si riflettono sui costi.
È solo un problema di costi o anche di credibilità del progetto auto elettrica? In Italia di colonnine, ad esempio, non se ne vedono molte e la procedura di ricarica è ancora lunghissima: lo scetticismo degli acquirenti dipende anche da questo?
Certo, c’è anche il problema delle ricariche. In Germania, e in generale nei Paesi europei, le colonnine non mancano, ma anche per la ricarica veloce non si impiega meno di 15-20 minuti. Se piove, se una persona deve aspettare da sola la sera o comunque c’è una situazione particolare di disagio, l’attesa può pesare ancora di più. Se poi ci fossero anche solo due o tre macchine arrivate prima per ricaricarsi si potrebbe attendere anche un’ora. Fino a che non si arriverà a un pieno di corrente elettrica di tre o quattro minuti, come i nostri rifornimenti abituali, ci sarà sempre questo svantaggio. Ci sono delle scomodità oggettive che penalizzano le auto elettriche. Se per le macchine a motore endotermico per rifornirsi in un distributore self service basta prende la pompa e metterla nel serbatoio, per le elettriche bisogna togliere il cavo dal bagagliaio, collegarlo e scollegarlo quando si è finito. Un’operazione un po’ più complicata, ancora di più se, per esempio, sta piovendo o deve eseguirla una persona anziana. È anche un problema di praticità.
C’è poi il tema delle batterie e del loro smaltimento: quanto è importante?
Una batteria non può durare in eterno. Tra una ventina d’anni si porrà il problema. Adesso viene ignorato ad arte. Si dice che le batterie verranno utilizzate per altri scopi. Ma se un produttore realizza modelli che durano un’eternità, nel giro di un certo numero di anni fallisce: ci dovrà essere un ricambio. Però non c’è un piano per lo smaltimento delle batterie. Già da qui a pochi anni se ne costruiranno di più efficienti. E quelle che abbiamo adesso dove le mettiamo?
Si tratta di un contesto, comunque, che contraddice il piano elaborato dall’Ue per la produzione esclusiva di auto elettriche dal 2035?
È un piano elaborato in maniera frettolosa e ideologica: si vuole costruire una casa partendo dal tetto.
Ci sono dodici anni per adeguarsi a questo programma: un tempo sufficiente per arrivare pronti all’appuntamento?
Ho letto di previsioni secondo le quali per arrivare a emissioni zero ci vorranno almeno 50 anni. Tra l’altro si leggono studi di tutti i colori, da una parte l’elettrico è fantastico, va bene, il giorno dopo, invece, leggi l’esatto contrario. C’è una grande confusione. Con tutto il rispetto poi dietro certi studi ci sono anche forti pressioni per far emergere le cose che interessano. Vedo, comunque, troppe differenze tra uno studio e l’altro.
Audi intanto sarebbe vicina all’acquisto di una piattaforma per auto elettriche dalla cinese Saic. Si sono invertiti i ruoli? Ora è l’Europa che acquista tecnologia dalla Cina?
Giro il problema: l’accordo siglato l’altro giorno per la joint venture tra i cinesi della Geely (che già controlla la Volvo ed è azionista forte di Mercedes Benz) e la Renault con l’appoggio esterno del colosso arabo saudita degli idrocarburi Aramco spalanca le porte ai cinesi, che sono sempre stati deboli nelle tecnologie endotermiche, per l’acquisizione del know how di Renault proprio sui motori endotermici.
Paradossalmente se un brand europeo dal 2035 avrà stabilimenti fuori dalla Ue, potrà continuare a produrre auto con motori endotermici?
Secondo i piani della Commissione europea e di Timmermans dovrebbe essere così. Siamo i numeri uno nell’endotermico a livello mondiale e ci facciamo male da soli. L’anno della verità sarà il 2024: se, con le elezioni, cambiano gli equilibri politici, in Europa potremmo avere una Commissione più pragmatica. Fatto salvo che il piano relativo alle auto elettriche è ormai tracciato, perché ci sono gli investimenti e per questo andrà avanti, parallelamente ci saranno altre cose. Non vedo la morte dell’endotermico.
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