Checché ne dica la UE, l’auto elettrica non può essere l’unica modalità per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero. Meglio dare la possibilità di sviluppare diverse tecnologie che possano contribuire ad abbassare l’inquinamento da parte delle auto. Ci sono i biocarburanti, l’idrogeno, e le stesse vetture con motore endotermico hanno fatto passi da gigante da questo punto di vista. Ma sono possibilità che Bruxelles, come ha ribadito il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis, continua a non prendere in considerazione.



Intanto, però, spiega Giuseppe Fontana, Ceo del Gruppo Fontana, leader nel campo dei fasteners (gli elementi di fissaggio) a livello globale, il settore dell’automotive sta conoscendo un momento negativo e gli analisti prevedono una debole ripresa solo per il secondo semestre del 2025. Le difficoltà del mercato, a queste condizioni, potrebbero continuare. Per questo le aziende sollecitano l’Europa a cambiare i suoi piani, modificando tempi e modalità del programma che ora prevede, dal 2035, la produzione solo di auto elettriche.



Qual è il momento dell’automotive e quali sono le prospettive immediate per il settore?

Il settore dell’automotive sta vivendo un momento complesso, soprattutto in Europa, e l’arrivo ipotetico di altri soggetti sul mercato italiano può ingenerare aspettative non del tutto positive. Le attese, secondo quanto previsto dagli analisti, sono per un 2024 che finirà in modo molto negativo. E non penso che l’inizio dell’anno prossimo porterà a un’inversione di tendenza. Bisognerà aspettare il secondo semestre del 2025, quando è annunciato un miglioramento, anche se molto leggero, sembra per l’immissione di nuovi modelli.



Quanto incide la decisione della UE di scegliere l’auto elettrica come unica modalità per ridurre le emissioni inquinanti delle vetture?

L’auto elettrica ha una forte valenza dal punto di vista ambientale, penso che sia una strada che si possa percorrere, anche se l’hanno indicata come panacea di tutti i mali. È solo uno degli strumenti possibili. La direzione intrapresa dalla UE presuppone il cambiamento di tante situazioni, sia nelle fabbriche di automotive, sia tra i fornitori, con conseguenze sul mercato, sui clienti e sulle infrastrutture. C’è stata una pressione eccessiva: forse bisognava verificare anche dal punto di vista tecnico e pratico come effettuare il passaggio. Le batterie stanno migliorando e la tecnologia avanza, ma spingere eccessivamente su questa soluzione sta creando grossi problemi ai produttori e ai clienti ed è causa di disfunzioni sul mercato.

Dombrovskis ha detto qualche giorno fa che il piano europeo per la transizione verso veicoli a emissioni zero ha fornito certezze a produttori e investitori, concedendo il tempo necessario a realizzare il passaggio a una nuova era. L’Europa deve andare avanti così o il programma che la porterà a produrre solo auto elettriche nel 2035 va cambiato?

Il piano va ripensato, anche perché, come ha scritto anche l’ex ministro Cingolani nel suo libro sulla transizione ecologica, ci sono diverse possibilità di intervento, anche quella che prevede il ricorso alle auto elettriche, che tuttavia non può essere vista come un’opzione assoluta. I motori termici non sono più così tanto inquinanti e poi ci sono le benzine verdi, i biocarburanti. Sta procedendo anche il discorso dell’idrogeno. Ci sono tante possibilità.

La richiesta delle imprese è di cambiare le scadenze fissate dalla UE?

Occorre cambiare le scadenze e dare delle definizioni certe: oggi si dice che si cambia nel 2035, ma non è così perché non tutti i governi condividono questa posizione, c’è chi si oppone. Questo crea problemi a produttori e clienti che non sanno cosa devono fare. Personalmente vedo meglio l’ibrido, lo considero una tecnologia interessante. Vanno prese in considerazione diverse alternative che già si possono utilizzare, sulle quali bisognerebbe ragionare più in profondità, invece di puntare su un’unica soluzione, che crea disfunzioni pazzesche.

La drastica scelta UE di puntare sulle auto elettriche quanto favorisce i cinesi e la loro tecnologia?

Una delle possibilità è che ci sia l’inserimento di produttori diversi da quelli europei, non voglio dire solo cinesi perché ce ne sono anche altri. Una situazione che può creare problemi in un mercato che, a livello europeo, si sta restringendo.

La UE ha posto dei dazi sulle auto elettriche cinesi, Pechino a sua volta sembra orientata anche a mettere dazi sulle auto di grossa cilindrata prodotte dai grandi marchi europei. Come si esce da questa battaglia? I dazi sono sbagliati?

C’è un problema di guerra commerciale, di guerra economica, è difficile dare una risposta. Sono questioni che devono essere affrontate a livello di dirigenza europea e di governi nazionali: è in queste sedi che bisogna valutare il problema. Non so se i dazi siano la soluzione. Da soli non lo sono. Ci vuole un accordo, un dialogo tra le parti per trovare un punto di equilibrio.

Il settore dei fornitori delle grandi aziende automobilistiche quanto sta soffrendo?

Soffriamo per una diminuzione degli ordini da parte dei nostri clienti e questo è avvenuto molto velocemente: una situazione che sta creando problemi di sovrapproduzione oppure di riduzione della produzione. Stiamo combattendo con questa problematica che non è nuova, la conosciamo già.

L’avvento dell’elettrico cambia molto la vostra produzione?

Cambia sì, ma non a un livello tale da creare problemi insormontabili. Ci sono altre attività e prodotti che possono avere dei risvolti molto peggiori. Il bullone c’è nel termico come nell’elettrico.

In quest’ultima soluzione, però, non ne occorrono di meno di bulloni?

Non è vero, sono solo differenti, ma non ce n’è meno. Il passaggio all’elettrico non dovrebbe significare per forza di cose una diminuzione del lavoro. Se ci sono delle differenze, sono quantomeno accettabili.

(Paolo Rossetti)

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