Le vetture immatricolate a luglio sono aumentate del 4,7%. Ma è un dato che non lascia tranquilli se si pensa che, rispetto al 2019, il mercato è sotto del 18%. Gli incentivi per le auto elettriche in Italia sono andati a ruba, ma una volta finiti, l’effetto è già svanito e la quota di elettrico si è nuovamente abbassata.
Stavolta, a dir la verità, spiega Gian Primo Quagliano, presidente del Centro studi Promotor, al ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso sono rimasti in canna gli incentivi per gli altri tipi di auto, dalle tradizionali alle ibride. Colpa del fatto che ormai i prezzi sono troppo alti per il potere d’acquisto della gente comune, che non può comprare le auto elettriche senza aiuti, ma neanche il resto delle vetture nuove. Tra mercato incerto e cinesi che vogliono venire a produrre in Italia, l’unica strada da percorrere rimane quella di rivedere la scellerata politica UE sull’elettrico.
Il ministro Urso ha parlato di un piano da 5 miliardi e 750 milioni fino al 2030. Bastano per l’automotive italiano?
Stiamo parlando degli 8 miliardi di euro che aveva stanziato Draghi: ne restano da spendere 5 miliardi e 750 milioni e il Governo ha detto che ne userà 750 milioni entro il 2025 e poi un miliardo per ogni anno. Urso ha detto che vuole utilizzare parte di questa cifra per sostenere l’industria italiana, la componentistica e forse anche Stellantis, che però non è italiana. Ma questo si scontra con le regole europee sugli aiuti di Stato. La cosa migliore per il ministro sarebbe che si raccordasse con la UE per definire il futuro dell’auto elettrica, perché quando ci sono gli incentivi si vende, ma quando vengono tolti il mercato crolla. Ci sono stati investimenti enormi imposti dalla UE sotto il ricatto dei Verdi, ma adesso siamo al redde rationem: quel piano non funziona.
Perché stavolta gli incentivi all’elettrico in Italia sono andati bruciati, mentre prima venivano sempre snobbati?
Sono stati annunciati con largo anticipo e così molti concessionari hanno ricevuto diversi ordini. Si tratta di incentivi consistenti, anche 13.750 euro, più della metà del costo di una vettura. Quando si è aperta la piattaforma, i concessionari avevano già in mano prenotazioni e in un giorno si è esaurito tutto. Però, la quota dell’elettrico in giugno era balzata all’8% e in luglio è tornata al 4%. L’effetto incentivo è già finito.
Gli altri incentivi però stavolta sono rimasti inutilizzati?
Sì ed è una assoluta novità, soprattutto quelli relativi alle auto tradizionali, che non emettono più di 135 grammi di CO2 al chilometro. Gli incentivi per queste vetture in passato venivano bruciati in pochi giorni. Invece ora ci sono ancora fondi disponibili. La spiegazione è che i salari non tengono il passo con l’aumento dei prezzi e la crescita del prezzo delle auto è stata fortissima. Urso con gli incentivi vuole aiutare i meno abbienti, ma tra chi ha meno risorse coloro che comprano una macchina nuova sono pochissimi: si accontentano di sostituire macchine usatissime con altre meno usate. Vetture che in tempi normali sarebbero state rottamate, mentre continuano a circolare con grande pericolo per la sicurezza e l’ambiente. Poi gli italiani non hanno grande bisogno di auto: il parco circolante è di 40 milioni e 800mila veicoli e i nuclei familiari sono 21 milioni.
Intanto Urso ha annunciato trattative con Dongfeng, Byd e Aiways per portare i produttori cinesi a realizzare le loro auto, soprattutto elettriche, in Italia. Un intervento che potrebbe aiutare il settore a risollevarsi?
Se i cinesi cominciano a produrre in Italia e avranno bisogno di incentivi per la vendita e per la produzione, devono sapere che non si possono concedere: sarebbero aiuti di Stato. È una partita che non si può giocare da soli. Il problema è che i Verdi sono determinanti in Europa, e impediscono scelte un po’ più realistiche nel settore automobilistico.
Le aziende cinesi però porterebbero occupazione; non è un aspetto positivo?
Certo, ma se il fine ultimo è quello di fare concorrenza all’industria europea, questa operazione diventa uno svantaggio. Bisogna tenere conto del contesto internazionale. Fra l’altro la UE si prepara a dazi pesanti sulle importazioni dalla Cina.
Fare arrivare i cinesi in Italia vorrebbe dire mettere da parte Stellantis?
Per Stellantis non vorrebbe dire niente: è uno dei più grandi gruppi automobilistici del mondo, per il quale l’Italia è un mercato importante, ma ce ne sono tanti altri. Non è un’azienda né italiana, né europea, come tutti i grandi gruppi.
I grandi gruppi non cinesi come reagiranno a questa situazione di difficoltà, in particolare per la vendita delle auto elettriche? Torneranno a guardare anche all’endotermico?
Questo è il grande tema. Fino a che ci saranno i Verdi in Europa, tuttavia, non credo che la situazione cambierà molto. Le imprese sono state costrette con multe e sanzioni pesantissime a scegliere l’auto elettrica. Marchionne ha resistito fino alla fine, sostenendo il metano, poi ha ceduto anche lui.
Non è che le aziende hanno accettato il diktat senza dire la loro?
Alcune erano ricattate dopo lo scandalo del Dieselgate.
La UE ha deciso di vietare dal 2035 la produzione di auto non elettriche. Ma se il mercato non recepisce il messaggio e non le compra, alla fine dovrà cambiare le sue strategie?
Dappertutto le auto elettriche, quando finiscono gli incentivi, non vengono più comprate, oppure sono acquistate solo dalle aziende, che ne ricavano un ritorno in termini di immagine: possono dire di avere una flotta verde e aggiungere una voce al bilancio di sostenibilità. Il problema non è cancellare l’auto elettrica, ma come ridefinire tutto. L’ibrido rimane una soluzione eccellente: non azzera le emissioni, recupera energia che altrimenti andrebbe dispersa e diminuisce il consumo. Inquina anche meno. Recupera energia in frenata e in decelerazione e la trasforma in energia elettrica che va a supportare il funzionamento del motore tradizionale.
Quindi si può puntare sulle ibride?
Le auto elettriche, per alcuni impieghi, sono perfette, soprattutto se devono essere usate in città e possono essere ricaricate a casa. Ci vuole una revisione generale della politica dell’auto in Europa. Ci si sta già pensando, il ministro Urso dovrebbe sedersi a questo tavolo.
(Paolo Rossetti)
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