Un crollo annunciato da tempo, anche se finora i segnali di crisi non sono stati così eclatanti. L’annuncio della Volkswagen che alcuni stabilimenti tedeschi, come quello di Dresda, potrebbero venire chiusi ha fatto capire che si sta arrivando alla resa dei conti. Le politiche della UE sul settore automobilistico, che hanno immaginato un futuro di sole auto elettriche, hanno impoverito il comparto europeo, tanto che le chiusure di Volkswagen potrebbero essere le prime di una serie, comprendendo anche le fabbriche italiane di Stellantis.



Senza parlare, spiega Pierluigi Bonora, giornalista de Il Giornale, esperto del settore automobilistico, dei miliardi di euro di indotto a rischio per l’Italia, dove molte aziende lavorano per realizzare la componentistica di marchi tedeschi. I piani ideologici dell’Unione Europea e gli errori di programmazione dei manager dei grandi gruppi ora si stanno rivelando in tutta la loro gravità. E chi paga sono le famiglie degli operai che perdono il lavoro.



Volkswagen potrebbe chiudere anche stabilimenti tedeschi: i nodi dell’automotive europeo stanno venendo al pettine?

Era impossibile realizzare un piano come quello programmato qualche anno fa dai grandi gruppi. Tutti i costruttori di auto, o quasi, sembravano ipnotizzati, decisi a sposare soluzioni mal studiate, strumentali, ideologiche, pericolose. E adesso a svenarsi non sono certo i manager e le case automobilistiche, ma le famiglie degli operai: prevedo tempi durissimi, come ha preannunciato la leader sindacale tedesca Daniela Cavallo, membro del Consiglio di sorveglianza di Volkswagen, che ha previsto una reazione da parte dei lavoratori.



Volkswagen è uno dei più grossi marchi europei, le difficoltà che sta palesando il gruppo riguarderanno anche altri brand?

Se comincia Volkswagen, che è un colosso, che aveva annunciato mega-investimenti per l’elettrico, chissà gli altri. Stellantis rischia molto: la Fim-Cisl ha già lanciato l’allarme, se non verranno rinnovati gli ammortizzatori sociali entro il prossimo anno sono a rischio 25mila lavoratori, compresi quelli dell’indotto. Un allarme che è stato ribadito anche dal presidente di Unindustria Cassino, Francesco Borgomeo: Cassino è una delle fabbriche Stellantis che attende i nuovi modelli annunciati. Per ora ci sono Stelvio e Giulia, ma sono modelli vecchi.

Intanto l’elettrico sul mercato europeo non fa buoni risultati.

In Germania, senza incentivi, è arrivato a -70% in agosto, adesso Scholz ha annunciato oltre mezzo miliardo di euro di nuovi incentivi. Ma è un tira e molla che crea confusione: li rimettono per ingraziarsi la parte verde del governo. Anche in Italia se ne attendono altri. È una situazione frutto di una cattiva programmazione, della quale non possiamo dare la colpa ai cinesi, che sono stati solo bravi ad approfittare della situazione.

Audi, che è sempre gruppo Volkswagen, probabilmente smetterà di assemblare le sue auto nella fabbrica di Bruxelles, dove lavorano 3mila persone: una chiusura che simboleggia la crisi dell’automotive europeo, visto che riguarda proprio una delle città sedi della UE. Un presagio di altre vicende simili?

È una catena di Sant’Antonio. Hanno anche realizzato una serie di “macchinoni”, di auto di una certa dimensione, per avere maggiori profitti, ma si sono dimenticati delle auto del popolo: le utilitarie adesso le fanno i cinesi. Ma è colpa degli occidentali che hanno mollato questo settore. Qualcuno, a livello politico ed economico, dovrà risponderne. In questa situazione non so quanti operai andranno a casa: l’Europa rischia una crisi pesantissima che la porterà a subire ancora di più la sudditanza dei cinesi.

Le responsabilità?

I grandi manager hanno sbagliato strategia, con programmi ambiziosi. Bisognava agire con maggiore buon senso. E poi non si è preso in considerazione il mercato: i super-manager delle aziende e la politica hanno deciso senza tenerne conto.

La crisi di Volkswagen quali ripercussioni avrà in Italia?

Per la componentistica italiana la Germania vale 5 miliardi di euro di esportazione, solo la Volkswagen vale un miliardo e mezzo. Non verrà a mancare tutto, però se si comincia a parlare di chiusura di due stabilimenti tedeschi, chissà quali possono essere le conseguenze anche per noi. Le elezioni tedesche hanno dimostrato che sta crescendo la rabbia della gente: si sta ribellando a una politica da cui si è sentita tradita, un voto di protesta fortissimo.

Se fosse nominato una sorta di commissario per l’emergenza dell’automotive, da dove dovrebbe cominciare?

Adesso è molto tardi. Potrebbe chiedere facce nuove a livello manageriale. Ma bisogna approfondire anche quali sono le responsabilità di questa storia incredibile, capire quali sono i poteri forti che ci sono dietro a tutto questo.

Cosa deve fare la Ue con il suo piano green?

Ha fallito clamorosamente la scorsa legislatura, rischia di peggiorare tutto perché i Verdi sono ancora in maggioranza. Se la Von der Leyen non cambia il Green Deal, non rivede tutto in una chiave pragmatica e non ideologica, le conseguenze potrebbero essere ancora più gravi delle attuali. Così però rischia di perdere l’appoggio dei Verdi, con la possibilità che si formino maggioranze diverse in occasione di singoli provvedimenti. Ed è un discorso che non riguarda solo le auto, anche sulle case green la situazione è ugualmente ingarbugliata.

(Paolo Rossetti)

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