Sul caso dell’auto esplosa a Napoli indaga la procura, mentre il Cnr ha avviato un’indagine interna. L’inchiesta della procura, al momento senza indagati, che si basa su una dettagliata informativa della polizia stradale, parte da una certezza: non ci sono segni di tamponamento né c’è stato un contatto con le protezioni laterali della carreggiata, quindi l’esplosione che ha causato il grave ferimento di una ricercatrice e un tirocinante, a bordo del mezzo, è avvenuta per un problema interno alla vettura. L’altro elemento è che la Volkswagen Polo esplosa era un’auto ibrida sperimentale, un prototipo al centro di un progetto di ricerca europeo che coinvolge l’Istituto Motori del Cnr e l’Università di Salerno. L’auto ha avuto un problema imprevisto nel motore ibrido? Si è verificato un cortocircuito interno che ha causato l’esplosione del combustibile alternativo? C’è poi la questione delle bombole, che erano sull’auto e sono state trovate dai vigili del fuoco durante le operazioni di spegnimento dell’incendio. Domande che troveranno risposta dopo che gli investigatori avranno un quadro chiaro su cosa era trasportato in auto e sull’allestimento del mezzo.
Restano gravi le condizioni delle due persone a bordo della Polo, l’ingegnere Maria Vittoria Prati e il laureando Fulvio Filace, ma sono più complesse quelle della donna. Da fonti vicine alla famiglia del giovane, che è in coma farmacologico in virtù delle lesioni riportate (in particolare nella zona toracica-addominale), si apprende che domani potrebbe essere sottoposto ad un trapianto di pelle. Le sue condizioni restano stabili. Proprio i familiari di Filace chiedono agli investigatori di capire il motivo per il quale il giovane si trovasse alla guida dell’auto e se era stato autorizzato al viaggio. (agg. di Silvana Palazzo)
AUTO ESPLOSA ERA PROTOTIPO IBRIDA: SOLARE E BENZINA
Lottano per la vita Maria Vittoria Prati e Fulvio Filace, la ricercatrice e il tirocinante dell’Istituto motori del Cnr che erano nell’auto esplosa sulla tangenziale di Napoli. Ricoverati entrambi in prognosi riservata nel reparto Grandi ustioni del Cardarelli, hanno riportato ustioni di terzo grado su tutto il corpo. Le condizioni dell’ingegnere Prati, 66 anni, sono apparse subito critiche: ha ustioni su circa il 90 per cento del corpo. Gli organi interni del 25enne, laureando in ingegneria meccanica, invece pare siano illesi. Ma ha ustioni sul 70 per cento del corpo. Mentre combattono per sopravvivere all’esplosione di venerdì, proseguono le indagini per accertare la dinamica di quanto accaduto.
Se ne sta occupando la polizia stradale, intervenuta sul posto con i vigili del fuoco, che hanno domato l’incendio scaturito dall’esplosione. Non sono rimaste coinvolte altre vetture, ma poteva essere una strage. Il bilancio, infatti, poteva essere più grave. Peraltro, nelle ultime ore è emerso un particolare di non poco conto in merito al veicolo: erano a bordo di un prototipo di auto ibrida, solare e benzina per un progetto europeo, secondo quanto spiegato da Repubblica.
AUTO ESPLOSA COINVOLTA IN PROGETTO DI RICERCA
L’auto esplosa a Napoli, una Volkswagen Polo, è fotografata e ripresa sulla pagina Facebook di uno dei docenti coinvolti nel progetto di ricerca “Life-save” che rendono ibride le auto da rottamare. Dalle immagini si vede il veicolo con carrozzeria colorata, un pannello solare sul cofano e una serie di macchinari sui sedili posteriori. In rete c’è anche un video di un test su strada. «Nei prossimi giorni la vedrete in giro», è riportato. Il direttore dell’istituto, Riccardo Chirone, spiega a Repubblica che «la vettura è un prototipo affidato all’università di Salerno per un progetto di ricerca europeo sulla ibridizzazione dei motori di cui il Cnr non è partner. Le prove vengono fatte anche su strada».
Chirone, rientrato da poco a Napoli, annuncia di aver avviato un’indagine interna su quanto accaduto e assicurato che «da parte del Cnr c’è la massima collaborazione con le autorità. Questa vicenda ci rattrista e ci colpisce molto per il coinvolgimento di una collega e di un giovane studente». Chirone ha evidenziato la grande esperienza dell’ingegnere Prati, prima ricercatrice e punto di riferimento nel settore, con trent’anni di lavoro e studi all’istituto motori e un impegno nel campo dello studio delle emissioni e nell’uso di combustibili alternativi.
LE FAMIGLIE “VOGLIAMO VERITÀ SULL’INCIDENTE”
«I motori sono da sempre la sua passione. Siamo originari di Piacenza, lei è rimasta qui dopo la laurea e il matrimonio. Inviava sempre foto dei suoi lavori anche a bordo di navi e treni. Da poche settimane stava lavorando a questo nuovo progetto», raccontano a Repubblica i familiari dell’ingegnere Maria Vittoria Prati. Così come i parenti dello studente, chiedono di conoscere la verità sull’incidente, sul perché l’auto su cui erano a bordo a Napoli è esplosa. «Sognava di lavorare alla Ferrari, ha dedicato tanto tempo allo studio e stava portando a termine il percorso nel migliore dei modi. Per conseguire gli ultimi crediti all’università sta rischiando di dare come credito la sua vita», spiega Fabio Corsaro, cugino del tirocinante Fulvio Filace. Lo descrive come un ragazzo gentile e forte, con tanti sogni da realizzare. «Oggi è difficile pensare a come potrà ripartire la sua vita. Ma i suoi sogni non possono finire così».
INDAGINI SU DINAMICA E CAUSA ESPLOSIONE
Le due famiglie ora attendono informazioni dagli organi competenti. «Non abbiamo saputo niente della dinamica, per quanto tempo Maria Vittoria è rimasta nell’auto e se è stata aiutata a uscire. Tra i suoi colleghi del Cnr, nessuno si spiega l’accaduto», precisano i familiari della donna. Quelli del ragazzo evidenziano un altro aspetto. L’auto esplosa a Napoli aveva delle bombole, presumibilmente con materiale infiammabile. A differenza di quanto ipotizzato inizialmente, non si tratterebbe di ossigeno e materiale elettromedicale. Da scoprire cosa ha causato l’innesco – se il caldo, un difetto elettrico o altro – e il motivo per il quale l’auto avesse a bordo delle bombole, presumibilmente con materiale infiammabile. Ma è solo un altro dei tanti aspetti ancora da chiarire: «Vogliamo capire perché una ricercatrice e uno stagista debbano trasportare un materiale così pericoloso in un’auto comune, chi li ha incaricati, se sono state rispettate le misure di sicurezza. Vogliamo la verità», conclude la famiglia di Fulvio Filace.