Prime condanne penali per coloro che hanno mentito sull’autocertificazione nella prima fase dell’emergenza coronavirus. Lo riporta il Sole 24 ore, spiegando che stanno arrivando i decreti penali di condanna per coloro che durante il lockdown di marzo hanno dichiarato il falso. Il reato contestato è quello previsto dall’articolo 483 del Codice penale, cioè falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico. La pena base è di due mesi di carcere, ridotta per il rito e convertita in 2mila euro di multa. Non è però una sanzione amministrativa, ma una condanna che viene convertita in multa che finisce comunque nel casellario giudiziale. Secondo la Corte di Cassazione, le autocertificazioni, quando vengono rese a pubblico ufficiale, integrano il reato di falso ideologico commesso da privato in atto pubblico, per cui conviene dire la verità e ricevere così una sanzione amministrativa da 400 euro a mille euro, come previsto dalla legge 35/2020 di conversione del Decreto legge 19/2020. Se si mente, invece, scatta il penale.
AUTOCERTIFICAZIONE FALSA? CONDANNE PENALI SE SI MENTE
Le regole ovviamente non valgono solo per il periodo di lockdown, ma in ogni caso quando si dichiara il falso ai pubblici ufficiali. In ogni caso l’ammontare della pena pecuniaria tiene conto della condizione economica dell’imputato e del suo nucleo familiare. D’altra parte, un giorno di detenzione non può mai essere inferiore a 75 euro di pena pecuniaria, anche se l’imputato risulta disoccupato o è uno studente. Inoltre, se il decreto penale non viene impugnato entro 15 giorni dalla sua notifica, il giudice allora ne ordina l’esecuzione. Dopo la notifica, dunque, conviene rivolgersi ad un avvocato: la difesa tecnica è obbligatoria. Dopo aver estratto copia degli atti, si può fare opposizione chiedendo rito alternativo, in genere il giudizio abbreviato o quello immediato. In questi casi si può anche chiedere la sospensione del processo penale con la richiesta di messa alla prova, cioè di svolgere lavori socialmente utili per estinguere il reato, che comunque resta nel casellario giudiziario. Se invece l’imputato vuole difendersi nel merito, adducendo prove riguardo la veridicità di quanto dichiarato nell’autocertificazione, allora deve istruire il processo.