Parlare di autolesionismo in Italia è ancora un tabù ma in realtà i numeri parlano chiaro. Secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza Onlus, solo nel nostro Paese 2 preadolescenti (nella fascia di età tra gli 11 ed i 13 anni) su 10 dichiarano di aver avuto dei comportamenti autolesivi. Difficile, in quella delicata fascia di età, dire se sono più ragazzi o ragazze a compierli poiché la differenza tra i due sessi è minima. La situazione però cambia sostanzialmente passando alla fascia di età 14-19, dove il 18% ha ammesso di aver praticato autolesionismo e nel 67% dei casi si tratta di ragazzine. I dati in oggetto, riportati da Huffingtonpost si basano su un campione di 8000 adolescenti italiani e risalgono al 2017. A preoccupare sono in particolare due dati: il 14% lo fa in modo sistematico e ripetitivo e l’età media in cui si inizia a praticare autolesionismo è pari a 12,8 anni. Sempre secondo il report, il 42% degli adolescenti ha ammesso di praticare autolesionismo per ridurre (o almeno provare) ansia, frustrazione, rabbia ed altre emozioni opprimenti. Il 36% lo fa per calmarsi, il 32% per alleviare i disagi psicologici interiori, il 25% per punirsi, il 19% per lasciare un segno del proprio malessere ed il 15% per scappare dalla tentazione di uccidersi o per sentire qualcosa di emotivamente forte.



AUTOLESIONISMO IN ITALIA: COSA SPINGE A COMPIERLO

Google e social sono spesso il punto di riferimento per ragazzini che intendono praticare gesti autolesivi. Non è un caso se alla parola “autolesionismo” digitata sul noto motore di ricerca seguono frasi come “Dove si trovano le lamette per tagliarsi”, “Come tagliarsi senza farlo vedere”. Queste le ricerche più frequenti alle quali però Google non dà risposta in quanto l’algoritmo impedisce di fornire la soluzione, così come i social, da Instagram a Tumblr. Digitando l’hashtag #autolesionismo, un messaggio inviterà a chiedere aiuto rimandando ai numeri del Telefono Azzurro (114) o del Telefono Amico (199 284 284). Ma cosa prova davvero l’autolesionista? In lui aumenta il battito cardiaco e in contemporanea anche la voglia di piangere. In poco tempo quella solitudine e tutti i pensieri ed i problemi si fanno nitidi. E’ a quel punto che tra la carne e il pensiero si introduce una lametta che dà il via a quel gesto seguito poi da paura, senso di colpa, imbarazzo. Per alcuni sembra una medicina, per altri assume le sembianze di una vera e propria droga. Da quel momento nasce il timore di dover nasconderlo ai genitori e la certezza, prontamente smentita, che non succederà più.

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