SENATO APPROVA IL DDL CALDEROLI SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA: “VOTO STORICO”

Con 110 Sì, 64 No, 3 astenuti e un’Aula in subbuglio con scene anche “folkloristiche” da entrambi i rami, il Senato martedì ha approvato il disegno di legge sull’Autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, testo voluto fortemente dalla Lega e caposaldo (assieme al Premierato) del progetto di riforme del Governo Meloni. Il ddl Calderoli – dal Ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli – passa così alla Camera in attesa di possibili modifiche che potranno essere portate in essere dai deputati.



«Con l’approvazione dell’autonomia in Senato si è compiuto un ulteriore passo avanti verso un risultato storico, importantissimo e atteso da troppo tempo. Avevo previsto che sarebbe stata una bella giornata, e così è stato. Questa è una risposta che dovevo a quelle 14 regioni su 15 a statuto ordinario che ce l’avevano chiesto», ha commentato il Ministro Calderoli al termine della lunga giornata a Palazzo Madama, mentre la Lega con Salvini dedicava un pensiero all’ex Governatore lombardo Roberto Maroni per un «passo importante verso un Paese più moderno ed efficiente». Dal Pd e dalle opposizioni si alza il grido di una riforma, quella dell’Autonomia differenziata, che andrà a «spaccare l’Italia», esaltando le Regioni «ricche» e finendo per «impoverire quelle già con meno risorse». Qui sotto nel dettaglio andremo a scandagliare i principali dettagli del testo di legge, ovviamente sapendo che qualcosa potrebbe anche cambiare nel passaggio prossimo alla Camera: l’obiettivo per la Lega e il Governo, lo ha ribadito oggi il Governatore del Veneto Luca Zaia, è approvare la legge definitivamente entro le Europee.



AUTONOMIA DIFFERENZIA, COSA PREVEDE IL TESTO E COSA CAMBIA NEL RAPPORTO REGIONI-STATO

Il testo dell’Autonomia differenziata prevede 11 articoli nei quali si cerca di attuare appieno la riforma del Titolo V della Costituzione, messa in campo nel 2001 ma mai veramente realizzata: nel testo vengono definite le  procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. In sostanza, l’obiettivo è quello di definire al meglio le intese tra Stato e le Regioni che dovessero chiedere l’Autonomia differenziata nelle 23 materie indicate, eccole: Rapporti con Ue, Commercio estero, tutela-sicurezza lavoro, Istruzione, Ricerca scientifica, Tutela Salute, Alimentazione, Ordinamento sportivo, Protezione Civile, Porti-aeroporti, Grandi reti navigazione, Ordinamento comunicazione, Energia, Previdenza integrativa, Ambiente, Valorizzazione Beni Culturali, Promozione eventi culturali, Aziende di credito, Enti regionali credito agrario, Organizzazione giustizia di pace.



Le richieste di Autonomia partono tutte su iniziativa delle Regioni, sentiti gli enti locali: a quel punto scatta il meccanismo di discussione con lo Stato centrale, arrivando poi al via libera sulle materie indicate con percorso parlamentare. La concessione o meno di una o più forme di autonomia, è subordinata alla determinazione dei Lep – Livelli Essenziali delle Prestazioni – di fatto i criteri che determinano un livello minimo di servizio che deve essere garantito in ogni territorio nazionale. Secondo la riforma del Governo, la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard avverrà «a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio».

Altra novità riguarda i principi di trasferimento fissati nell’articolo 4 (modificato al Senato da un emendamento FdI): si stabilisce che i principi per il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni viene concesso «solo successivamente alla determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio». Tradotto, senza i Lep chiariti e il singolo finanziamento che dovrà essere esteso anche alle Regioni che non chiedono la specifica devoluzione, non ci potrà essere alcuna Autonomia differenziata. Nell’11esimo articolo prevista la clausola di salvaguardia per esercizio del potere sostitutivo del governo: lo Stato può sostituirsi agli organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni «quando si riscontri che gli enti interessati si dimostrino inadempienti, rispetto a trattati internazionali, normativa comunitaria oppure vi sia pericolo grave per la sicurezza pubblica e occorra tutelare l’unità giuridica o quella economica», specie per temi come prestazioni sui diritti civili e sociali.

TEMPI E CABINA DI REGIA PER L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA

Il Governo avrà entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl Calderoli, il dovere di varare decreti attuativi per determinare livello e importi del Lep: mentre Stato e Regioni, una volta avviata l’Autonomia differenziata, avranno poi 5 mesi per arrivare ad un accordo. Le intese possono avere durata di massimo 10 anni, ma possono essere poi rinnovate; in alternativa, potranno terminare prima ma con preavviso di almeno 12 mesi.

In termini infine di azione direttiva per l’attuazione della riforma Autonomia, la Cabina di regia sarà composta da tutti i ministri competenti, assistita da una segreteria tecnica, collocata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio. Si dovrà procedere con una ricognizione del quadro con tutte le norme legate a ciascuna funzione amministrativa statale e delle regioni ordinarie, in quando servirà «individuazione delle materie o ambiti di materie riferibili ai Lep sui diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale».