È arrivato nella giornata di oggi il primo via libera, da parte del Consiglio dei Ministri, del disegno di legge sull’autonomia differenziata delle ragioni rispetto allo Stato. L’approvazione del disegno, voluto dalla Lega e proposto dal deputato Roberto Calderoli, è stata accolta con un applauso da parte del Consiglio, mentre le opposizioni l’avrebbero aspramente criticato. Vecchi stendardo della Lega, quando era ancora “Nord”, da parte del suo leader Umberto Bossi, la questione dell’autonomia differenziata di fatto decentralizza alcune funzioni dello stato, assegnandole (su richiesta) alle regioni.
Cosa cambia con l’autonomia differenziata
Concretamente con l’autonomia differenziata nessuna Regione italiana sarà costretta a fare nulla e tutto sarà rimesso alla singola volontà degli enti regionali. Quello a cui si vorrebbe ambire è un alleggerimento delle funzioni dello Stato, che invece di elargire direttamente determinati servizi, si limiterà a finanziarli affinché vengano effettuati e gestiti, in autonomia, dalle singole regioni anche a Statuto Ordinario.
Attualmente, infatti, in Italia le regioni possono, a scelta, avviare il percorso per l’autonomia completa (come nel caso di Trentino o Valle D’Aosta), facendosi carico dell’interezza delle funzioni esercitate dallo Stato. Con il provvedimento di Calderoli, invece, si punta ad un’autonomia limitata a delle competenze specifiche (come la sanità, l’istruzione, i beni culturali, la gestione dei porti e così via) che la singola Regione richiede di poter gestire autonomamente. Quello a cui si vorrebbe arrivare con l’autonomia differenziata, insomma, è una generale semplificazione, sia per le Regioni (che con l’autonomia differenziata possono rimanere “nello” Stato, ma offrendo servizi potenzialmente migliori), che per lo Stato (che passando determinati compiti nelle mani delle amministrazioni regionali alleggerisce e semplifica i suoi compiti).
Il lungo iter dell’autonomia differenziata
Si parla, insomma, di semplificazione grazie all’autonomia differenziata, ma la più aspra critica che le opposizioni hanno mosso riguarda il fatto che la nuova norma preveda un iter piuttosto lungo e macchinoso. Fondamentale, infatti, sarà determinare dei Lep (ovvero i Limiti essenziali di prestazione) a cui le regioni dovranno adattarsi, definendo dunque la soglia minima di servizi da garantire ai cittadini.
Decisi i Lep (con un limite imposto di 1 anno dall’entrata in vigore del decreto Calderoli), la palla dell’autonomia differenziata passerà alla Conferenza Unificata del Parlamento, e dopo la sua approvazione alle Regioni che potranno presentare le loro domande sulle competenze. Presentate le domande sull’autonomia differenziata, poi, spetterà nuovamente alla Conferenza Unificata del Parlamento, che poi passerà la patata bollente al Consiglio dei Ministri. Ottenuta l’intesa, la Regione dovrà dare una nuova approvazione e solamente a quel punto il Governo, tramite un ddl, passerà tutto al Parlamento che dovrà esprimersi con una maggioranza assoluta a favore.