LA CONSULTA DEPOSITA LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA: ECCO LE NOVITÀ
Nella giornata del 3 dicembre la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza numero 192/2024 sull’Autonomia differenziata, rispondendo ai ricorsi di 4 Regioni che contestavano la legge approvata in Parlamento lo scorso giugno dal Governo Meloni: il ddl Calderoli è stato definito nel complesso una legge costituzionale, con però alcuni profili e materie disposte che vanno riscritte nei metodi dati dai giudici della Consulta. Dopo che la sentenza era già stata anticipata da un lungo comunicato stampa della stessa Corte lo scorso 14 novembre, il deposito della nuova decisione della Consulta mostra nel dettaglio tutte le motivazioni legate a quali profili siano “incostituzionali” all’interno dell’Autonomia differenziata.
In primo luogo, la Corte ribadisce la necessità che l’unità nazionale venga rispettata da alcuni passaggi della legge Calderoli: riscrivendo di fatto alcune parti, i giudici della Consulta sottolineano come nei ricorsi di Campania, Sardegna, Puglia e Toscana (le Regioni in mano al Centrosinistra) vi siano alcuni profili accettabili e altri invece da respingere. Viene espresso una sorta di “decalogo” – come spiega al “Sussidiario.net” l’esperto costituzionalista Mario Esposito – entro il quale si deve attenere il limite della legge sull’Autonomia. La sentenza resta molto complessa ma sui LEP chiarisce meglio il testo approvato dal Parlamento: i livelli essenziali delle prestazioni devono essere uguali in maniera uniforme in tutto il territorio italiano, anche se la legge Calderoli non stabilisce preventivamente tali LEP. Sono una scelta politica che però deve «bilanciare uguaglianza dei privati e autonomia regionale, diritti, esigenze finanziarie, e anche i diversi diritti fra loro», si legge nella sentenza.
AUTONOMIA COSTITUZIONALE, ALCUNI PROFILI NO: QUALI SONO LE MATERIE CHE NON SI POSSONO TRAFERIRE ALLE REGIONI
Uno dei vizi principali della legge sull’Autonomia differenziata, secondo la Consulta, è la pretesa di poter dettare in maniera contemporanea i criteri direttivi con riferimento a numerose materie: per questo motivo, per alcune materie fissate il trasferimento di poteri dallo Stato alle Regioni «potrà riguardare solo alcune funzioni e sarà sottoposto a un controllo rigoroso della Corte Costituzionale». Ad esempio, sul fronte scuola, non si può giustificare una differenziazione – scrive ancora il testo della sentenza – «che riguardi la configurazione generale dei cicli di istruzione e i programmi di base, stante l’intima connessione di questi aspetti con il mantenimento dell’identità nazionale».
Oltre alla scuola anche su trasporti ed energia non è possibile trasferire il potere alle Regioni tramite la legge sull’Autonomia differenziata: nelle 166 pagine della sentenza finale, la Corte definisce come materie strategiche «reti di trasporto, comunicazioni, energia, ambiente e commercio estero» non debbano essere trasferibili, mentre al contrario occorre che i LEP siano fissati e garantiti su tutto il territorio nazionale in quanto «Il popolo e la nazione sono unità non frammentabili». Secondo quanto ribadito poi dal relatore della sentenza in Consulta Giovanni Pitruzzella e dal Presidente della Corte Augusto Barbera, la sentenza è depositata e può ora essere il turno della Cassazione in merito alla richiesta di referendum abrogativo sulla Autonomia differenziata: «deve verificare se ci sono le condizioni o meno per la consultazione referendaria. Questo è il primo dei passaggi, per gli altri si vedrà», chiarisce il n.1 della Consulta durante un evento alla Camera.
Legge sull’autonomia differenziata:
depositata la sentenza sulle questioni di costituzionalità.https://t.co/F7PEilhRaw#Comunicato #Sentenza #Cortecostituzionale #Regioni pic.twitter.com/ttNQLCzSjU— Corte Costituzionale (@CorteCost) December 3, 2024