Nel suo recente intervento al Festival delle Regioni e delle province autonome il presidente della Repubblica è tornato sul tema dell’attuazione dell’art. 116, comma 3, che prevede di conferire alle Regioni che lo richiedano al Governo centrale, con intesa, ratificata dalla legge del Parlamento, ulteriori poteri rispetto a quelli già previsti in sede costituzionale. Il regionalismo “differenziato” e la connessa maggiore autonomia sono infatti uno dei temi più sentiti dall’attuale governo, soprattutto nella sua componente leghista, ed è ad un tempo oggetto di dibattito che vede alcune Regioni – soprattutto quelle del Sud – molto critiche rispetto al processo stesso fino a definire la richiesta delle altre Regioni come una forma surrettizia di “secessione dei ricchi”.



L’intervento del presidente della Repubblica riprende quasi testualmente quanto i presidenti Emiliano e Fedriga hanno detto duranti i loro discorsi e ne fa sintesi, fedele al suo ruolo istituzionale. Dopo aver ricordato la necessità di attuare forme di cooperazione istituzionale tra i diversi livelli di governo e valorizzato il ruolo che le Regioni, con le loro reti, svolgono nel promuovere lo sviluppo del Paese, Mattarella ha fatto un cenno, breve ma incisivo, sul senso della prospettiva che si aprirebbe se si desse attuazione all’articolo della Costituzione sopra richiamato. Differenziare le competenze regionali non può – secondo il Presidente – essere inteso come un privilegio o un tentativo di snaturare l’autonomia per trasformarla in secessione. Ben di più, sempre secondo il Presidente, tale processo di differenziazione deve avvenire “tenendo insieme lo sviluppo dell’autonomia con la garanzia dei diritti” e con la perequazione tra Regioni, segno di quella solidarietà tra le diverse aree del Paese che può essere considerata un principio base della convivenza nazionale. Facendo proprie le parole del presidente Fedriga, Mattarella ha concluso l’accenno al nostro tema ricordando che esso va letto e realizzato nell’ottica della solidarietà e della interdipendenza.



Questo monito va a corroborare una lettura soft della differenziazione, contro quella tendenza, presente in alcune aree del Paese, a entrare in una logica di rivendicazione rispetto al Governo centrale; non a caso, le Regioni in cui si era svolto il referendum consultivo del 2019 – cioè Veneto e Lombardia – avevano poi richiesto al Governo di poter disporre di nuovi poteri legislativi in tutte le materie previste dall’articolo in esame, favorendo una interpretazione estesa ed estrema del dettato costituzionale; in altri casi, nell’ambito del dibattito politico, si era anche parlato di trattenere sul territorio regionale una parte, anche considerevole, della ricchezza prodotta da quel determinato territorio. Si tratta, come si può immaginare, di una lettura volta a dar voce a istanze identitarie, non sempre considerate dal livello nazionale ma, anzi, talora compresse a favore di un centralismo assai spiccato.



Sottolineando, invece, la necessità di contemperare le richieste di differenziazione con la tutela dei diritti (e soprattutto dei relativi livelli essenziali riferibili alle prestazioni da garantire su tutto il territorio nazionale) e con la perequazione, il Presidente suggerisce di evitare gli estremismi e di costruire percorsi di collaborazione in cui a tutti i principi costituzionali che reggono la nostra Repubblica – e primo fra tutti il principio di eguaglianza solidale – sia dato lo spazio dovuto affinché si realizzi una crescita adeguata di tutte le aree, dando ad un tempo la possibilità a chi fosse in grado di esercitare maggiori funzioni di poterlo fare a beneficio di tutta la collettività.

Occorre ora che a questo atteggiamento di moderazione e di misura si conformino non solo le Regioni ma tutte le componenti della Repubblica, a partire dalle burocrazie ministeriali, che in passato avevano dimostrato una forte resistenza a dare seguito alle trattative con le Regioni finalizzate ad ottenere le funzioni ulteriori. Spetta poi a tutte le Regioni considerare con la dovuta stima tali richieste, senza demonizzarle, e di chiedersi se anche per loro non abbia senso avanzare richieste al fine di poter meglio governare i propri territori.

Il nostro Paese è attraversato da profonde differenziazioni economiche, culturali, territoriali: pensare di governare la diversità con provvedimenti centralizzati e uniformi, come spesso è accaduto fin qui, significa negare la domanda ultima di autonomia e, anche, di giustizia che – come si sa – impone di dare “a ciascuno il suo”.

Questo richiamo del Presidente aiuti le parti in causa a poter attivare delle trattative ragionevoli e capaci di rispondere davvero alla domanda di autonomia che da tempo si leva in tante parti del Paese.

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