La lettera di Conte ai lombardi e ai veneti merita una risposta dura. Poiché la Costituzione ammette l’autonomia regionale differenziata e allo stesso tempo difende l’omogeneità nazionale delle condizioni territoriali, va perseguita l’armonizzazione tra i due criteri, ma non limitando il primo fino ad annullarlo. Conte, invece, ha voluto marcare la prevalenza del secondo anticipando in modo soggettivo un parere della Corte costituzionale che però non è stato ancora scritto in base all’esame di costituzionalità di una legge approvata dal Parlamento. Pertanto Conte ha fatto un atto politico coperto dalla presunzione di incostituzionalità.



Questa non è una mediazione finalizzata all’armonizzazione tra sistema e sue parti, ma un tatticismo politichese. Da un lato, è comprensibile che il premier voglia evitare un conflitto aperto tra questioni meridionale e settentrionale. Dall’altro, è evidente che stia parteggiando per la continuazione del modello di assistenzialismo del Sud, difeso dal M5s, finanziato dal Nord, nonché del centralismo inefficiente.



I dati mostrano una preoccupante crisi del settore manifatturiero concentrato per gran parte in Lombardia, Veneto ed Emilia. Tali territori sono in concorrenza con tanti altri a livello globale. O migliorano le condizioni fuori dai cancelli delle fabbriche o crescerà il rischio di un crollo della competitività. Per migliorarle, con localizzazione mirata delle misure (infrastrutture, formazione, incentivi all’adeguamento tecnologico, ecc.), le Regioni devono avere autonomia decisionale e risorse fiscali. La situazione è quasi d’emergenza e richiede un rafforzamento rapido dei forti per mantenerli tali, considerando che qualora si indebolissero verrebbe a mancare il traino che regge la crescita dell’Italia, vista l’insufficienza di quello del Sud e del Centro.



In realtà è tecnicamente possibile armonizzare l’autonomia fiscale e competitiva delle regioni più industriali con la necessità di finanziare le parti deboli della nazione: i soldi per i contributi di solidarietà nazionale ci sarebbero, ma alla condizione che nel Sud vengano ridotti gli immani sprechi e ci sia una gestione efficiente del denaro fiscale nonché dei programmi europei.

Si nega l’autonomia al Nord produttivo, votata pur in forma consultiva, mettendo a rischio tutta l’economia nazionale e non si fa uno sforzo per una riforma di efficienza nel Sud? Ci sono i motivi per una mobilitazione di imprese, sindacati ed elettori traditi.

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