Con l’approvazione del disegno di legge AS 615 da parte del Senato, l’autonomia differenziata compie un passo in avanti. Fatte sempre salve le imprevedibili incognite del quadro politico generale, adesso sarà la Camera dei deputati a pronunciarsi, e non si possono escludere ulteriori affinamenti del testo.
Quando questa legge sarà conclusivamente approvata, va ricordato, si potrà concretamente avviare il procedimento di attuazione dell’autonomia differenziata per le tante Regioni che hanno già richiesto ulteriori funzioni o che, comunque, le richiederanno in futuro. Non si deve dimenticare, tra l’altro, che in parallelo si sta svolgendo il percorso – dapprima tecnico e poi politico-istituzionale – che coinvolge tutti i livelli di governo (dello Stato, delle Regioni e degli enti locali) nella determinazione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni) e dei relativi costi e fabbisogni standard, sulla base di quanto già previsto dalla legge di bilancio per il 2023. Percorso la cui scadenza è stata recentemente prorogata sino alla fine del 2024.
La determinazione dei Lep e dei relativi costi e fabbisogni standard è la condizione – posta dallo stesso disegno di legge ora approvato dal Senato – per poter procedere al trasferimento delle funzioni nelle materie ad essi riferibili, ossia la più parte di quelle sulle quali la Costituzione (cioè l’art. 116, comma 3) consente l’autonomia differenziata. E tra queste materie sono comprese, ad esempio, quelle politicamente più sensibili, come istruzione, lavoro, salute, ambiente o energia. In pratica, soltanto una volta chiarito ciò che lo Stato impone, e nello stesso tempo finanzia, per tutti i livelli di governo, si potranno trasferire funzioni aggiuntive in queste materie “nei limiti delle risorse disponibili con la legge di bilancio” (come dice espressamente il ddl in esame).
La determinazione dei Lep e dei relativi costi e fabbisogni standard sta adesso avvenendo – e non potrebbe essere altrimenti – sulla base della legislazione vigente, e dunque sulla base delle risorse attualmente rese disponibili dalle norme di bilancio. In seguito, secondo quanto previsto dal ddl in esame, il Governo avrà due anni di tempo per definire nuovi Lep, così come i Lep potranno essere aggiornati con Dpcm sempre nei limiti delle risorse finanziarie che saranno disponibili. E lo stesso avverrà in futuro con gli ulteriori Lep che, nelle materie oggetto di autonomia differenziata, il Parlamento vorrà aggiungere con legge.
In altri termini, è evidente che, come avviene per tutti i “diritti che costano”, le garanzie per così dire minime ed essenziali dei diritti civili e sociali da tutelare in egual modo sull’intero territorio nelle materie oggetto di autonomia differenziata, saranno condizionate dalla questione cruciale delle risorse finanziarie. Insomma, se lo Stato vorrà garantire nuovi Lep rispetto a quelli già esistenti dovrà trovare le corrispondenti risorse finanziarie senza alterare l’equilibrio del bilancio pubblico, e quindi, inevitabilmente, con l’introduzione di nuove tasse e imposte stabilite dallo Stato stesso.
Del resto, è proprio sulla questione finanziaria che si concentrano e si concentreranno le attenzioni dei cittadini e delle istituzioni territoriali. E ciò vale sia ove ci si muove per avere funzioni aggiuntive con l’autonomia differenziata, sia ove si teme quest’ultima paventando svantaggi e accrescimento dei divari. Una questione finanziaria che, come vedremo subito, si riflette chiaramente sulla questione dell’efficienza degli apparati pubblici territoriali.
Per quanto riguarda il peso degli oneri fiscali imposti, fatti sempre salvi – come appena detto – i nuovi Lep che lo Stato volesse introdurre, non vi sarà alcun incremento, dato che le Regioni che richiederanno l’autonomia finanziaria potranno soltanto disporre di “compartecipazioni al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale” e, anzi, le aliquote di tali compartecipazioni dovranno essere mantenute in “allineamento” rispetto ai “fabbisogni di spesa” previsti per le funzioni trasferite. Evidentemente, se queste Regioni saranno più efficienti – spendendo meno di quanto previsto in termini di fabbisogno standard – potranno utilizzare quanto risultante per l’erogazione di altri prestazioni pubbliche.
Saranno invece mutati i principi che sorreggono attualmente la distribuzione delle risorse finanziarie assegnate alle autonomie regionali e locali, e dunque saranno incentivati comportamenti virtuosi nell’impiego delle risorse tutte? A questo proposito il ddl in esame, come modificato nell’esame del Senato, ha accresciuto le garanzie finanziarie per tutte le Regioni, prevedendo, ad esempio, il divieto di disparità di trattamento delle Regioni e il principio di unità economica della Repubblica, e assicurando, per le Regioni che non aderiranno all’autonomia differenziata, l’invarianza finanziaria, “l’entità e la proporzionalità delle risorse” assegnate “anche in relazione ad eventuali maggiori risorse destinate all’attuazione dei Lep”, oltre che il rispetto del principio costituzionale relativo alla perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le garanzie sul mantenimento dell’esistente, quindi, ci sono. Sarebbe allora opportuno agire anche sul versante dei criteri di assegnazione delle risorse, per ridurre comportamenti opportunistici e spingere verso una vera responsabilizzazione fiscale delle istituzioni territoriali.
Sullo sfondo rimane il senso più significativo dell’autonomia differenziata: il tentativo di superare quella condizione di stasi e di incapacità decisionale che è dovuta alla sostanziale inattuazione della riforma del regionalismo italiano che era stata promessa con il nuovo Titolo V introdotto dalla riforma costituzionale del 2001. Vedremo se sarà un semplice sasso nello stagno o se, superando le diffuse resistenze, si guarderà con realismo alla radicale distanza che sussiste tra la Costituzione scritta e quella “vivente”, innescando così un processo davvero capace di spingere ad un più complessivo ripensamento del nostro regionalismo.
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