Ieri Atlantia ha perso in Borsa il 8% in una giornata positiva per il listino sulla scia delle decisioni della Banca centrale europea. Dalle indagini sarebbero emerse “falsificazioni” sui controlli di sicurezza dei ponti per far sembrare le condizioni dei viadotti migliori di quelle reali.

A poco più di un anno dal crollo del ponte continuano a emergere con cadenza regolare elementi che mettono in cattiva luce il concessionario. L’unica cosa che sappiamo per certo dell’indagine partita un anno fa è che sarà lunghissima e senza esclusione di colpi, visto che l’oggetto della concessione vale almeno 20 miliardi di euro (incluso il debito).



Ci sembra che a una questione “contingente” e specifica, quella del crollo del ponte e delle possibili responsabilità del concessionario, se ne aggiunga una più generale, ma nascosta. Contemplare la possibilità che ci sia un concessionario responsabile, nonostante i miliardi di euro di profitti, significherebbe farsi almeno due domande.



La prima, storica, è sulla stagione delle privatizzazioni, su come siano state fatte e se siano stati fatti, al meglio, gli interessi del cittadino contribuente. Lo schema di concessione tra Autostrade per l’Italia e lo Stato italiano, quello in cui non si nomina mai la parola sicurezza e con cui il governo si impegna a pagare al concessionario tutta la concessione sostanzialmente in qualsiasi caso, non finirà sui libri di testo al capitolo sul buon “regolatore”.

La seconda è se lo schema di un bene pubblico, un monopolio naturale, affidato al puro privato e al “mercato” sia necessariamente e a qualsiasi condizione la soluzione migliore. L’impressione è che ci sia una certa difesa d’ufficio anche sulla questione particolare per non mettere neanche per sbaglio in discussione uno schema che ormai è un dogma indiscutibile. E se qualcuno lo discute, o direttamente o indirettamente, parlando della questione particolare passa immediatamente nel campo dei retrogradi.



Eppure non occorre fermarsi alla Corea del Nord per trovare schemi diversi. Negli Stati Uniti le autostrade sono statali e gli aeroporti dei comuni; lo schema è simile in Germania e da anni in Gran Bretagna ci si chiede se non occorre rivedere lo schema attuale, rafforzando il ruolo pubblico. Riflessioni che si leggono sul Financial Times, non sulla Pravda.

Il tabù sulla questione generale è spessissimo e in tantissimi commenti lo scenario in cui si è obbligati ad affrontare la questione particolare solleva più di un dubbio. È anche una questione di amor proprio, perché sarebbero tanti a dover ammettere di aver sbagliato.