Caro direttore,
bisognerà un giorno scrivere la storia di questa bizzarra “Convenzione autostrade”. Non si pretende di farlo qui in poche righe, ma alcuni punti fermi forse si possono mettere.
Esiste una “good pratice” internazionale sui contratti di concessione. Nell’ipotesi di risoluzione per inadempienza del concessionario, in genere si riconosce al concessionario un indennizzo, a titolo di ristoro per gli investimenti comunque effettuati. In assenza di questo indennizzo potrebbe infatti configurarsi un’ipotesi di “arricchimento senza causa” del concedente. Il pagamento di un indennizzo non deve quindi di per sé destare scandalo.
Invece che la convenzione tra Aspi e Ministero preveda – nel caso in esame di risoluzione per inadempienza del concessionario – anche la corresponsione di una componente a titolo di lucro cessante non è invece in linea con la “good practice” internazionale. Anzi – a dirla tutta – costituisce una vera e propria aberrazione, di cui si spera qualcuno sia un giorno chiamato a rispondere.
Questa convenzione, squilibrata a favore del concessionario, è figlia della decisione del Tesoro negli anni ’90 di massimizzare i ricavi da privatizzazione a scapito della tutela dei diritti della parte pubblica e dell’utenza. Inclusa ovviamente la sicurezza, che invece avrebbe dovuto essere non negoziabile. Ma tant’è, la storia non si può cambiare, anche se qualcosa potrebbe farci imparare.
La scelta si è poi rivelata miope, infatti. I Benetton negli anni sono riusciti a generare un rapporto pare incestuoso con chi li doveva controllare. Sono riusciti ad ottenere addirittura da uno dei governi Berlusconi un rinnovo della concessione ex lege, in barba alle direttive europee.
Forse è inutile quindi che adesso i Benetton si strappino le vesti e piangano lacrime di coccodrillo. Secondo la Convenzione, Aspi poteva aumentare le tariffe sulla sola base degli investimenti programmati – indipendentemente dagli esborsi effettivamente realizzati. Una vera macchina da soldi. Incassi prima e paghi (forse) poi. Altra evidente aberrazione.
Perché la convenzione Aspi era stata resa di fatto inaccessibile? Ora è stata resa pubblica, benissimo, ma le ragioni del segreto forse vanno spiegate. Il problema di fondo è che nessuno ha fatto una seria “options analysis” all’indomani dell’incidente. Si è preferito fare propaganda.
Ci si può fermare qui ed è chiaro che – per quanto il Governo Conte 2 possa aver gestito il dossier Aspi in modo originale – i problemi vengono da lontano e da lontano bisognerebbe partire per rimettere in piedi la baracca.