Ieri Atlantia ha annunciato i dettagli del piano con cui intende vendere o, in alternativa, quotare la propria partecipazione in Autostrade per l’Italia. È comparsa anche una presentazione di 25 pagine per illustrare l’operazione che comunque è subordinata a una serie di accordi con il Governo.

Il piano di quotazione prevede la creazione di due società, una con il 55% di Autostrade, e un’altra con il 33%. La prima verrà quotata, la seconda, si presume, detiene la quota di maggioranza a cui Cdp sarebbe interessata e che per il momento continuerà a essere controllata da Atlantia. Con questo meccanismo Atlantia si assicura che la cessione di Aspi avvenga a valori di mercato. Ricordiamo che nei giorni immediatamente successivi al comunicato stampa emesso dal Governo a luglio si era parlato di una valutazione implicita di Aspi per l’entrata di Cdp compresa tra i sei e gli otto miliardi di euro. Oggi la cifra, secondo la stampa, sarebbe salita a 11/12 miliardi di euro. La differenza si è prodotta perché il Governo ha fatto decadere l’ipotesi della revoca della concessione, ha definito il piano economico finanziario prima di trovare un accordo su alcuni dettagli: il prezzo per l’entrata di Cdp e la mitica “manleva” che il Governo avrebbe chiesto ad Atlantia sulla rete Autostrade. In conclusione: Cdp, sempre ammesso che voglia ancora visto che i soldi non bastano più per avere il 33%, deve accettare il prezzo che farà il mercato. È sempre possibile, tra l’altro, che Atlantia si tenga la quota di maggioranza relativa e di controllo di Autostrade per l’Italia.



Atlantia approva il progetto di quotazione 26 mesi dopo il crollo del ponte. Oggi il progetto è fattibile perché sulla società non incombono più due incertezze colossali: la possibile revoca della concessione e l’entità delle penali. Entrambe sono decadute a luglio e quindi la società è tornata “normale” e per inciso quotabile.



Nella lunga presentazione troviamo scritto che le tariffe autostradali saliranno, almeno, dell’1,75% all’anno dal 2021 al 2038 (pagina 16). Le tariffe saliranno nonostante una situazione economica pessima, una percentuale di disoccupati che sorpasserà ampiamente la doppia cifra e, al momento, uno scenario di deflazione salariale evidente. Le autostrade non costeranno di meno; costeranno di più anno dopo anno con incrementi che potranno anche sembrare contenuti, ma che, rispetto alla situazione economica attuale, fanno male. Oltretutto, con il passare degli anni il conto continuerà a salire.



In conclusione: Atlantia per il momento non perde affatto il controllo perché si tiene la quota di maggioranza relativa di Aspi; il prezzo di cessione della quota del 55% verrà fatto dal mercato; le tariffe saliranno di quasi il 2% all’anno per i prossimi vent’anni; Atlantia separa per sempre il destino della controllata che le ha permesso con i suoi dividendi di comprarsi asset in mezzo mondo da quello che è stato comprato con quei soldi a partire dalle autostrade francesi e spagnole, passando per quelle messicane, per gli aeroporti finendo con la quota di maggioranza relativa del tunnel sotto la Manica.

La differenza tra “narrazione” e realtà, tra annunci ed esiti sembra abbastanza marcata. Gli investitori nel frattempo cosa pensano? Ieri Atlantia è salita di quasi il 2% contro un mercato che ha chiuso in negativo. Certo il rumore di fondo del supposto disappunto del Governo non aiuta la causa, ma i brividi finiranno presto quando la società sarà quotata. Quel poco di potere negoziale rimasto al Governo, infatti, finirà con la quotazione di Aspi. A quel punto sarà ancora più difficile di quanto sia ora rimangiarsi le “concessioni” annunciate a luglio. Se il Governo oggi stracciasse l’accordo si coprirebbe di ridicolo perché l’unica, “piccola”, questione rimasta è la richiesta di uno sconto per Cdp. Una questione che, ovviamente, difficilmente appassiona gli investitori istituzionali. Quello che importa è che oggi, a differenza dei 26 mesi precedenti, Autostrade per l’Italia è quotabile a valori di mercato con il rischio che si vada verso valutazioni tutto sommato non così lontane da quelle di tre anni fa; con una pandemia di mezzo. Cos’è successo in questi 26 mesi? L’annuncio del Governo di luglio.