Un’operazione “avventurosa, apparentemente improvvisata e pressapochista, anche se pensata da valenti legali”. Quindi un vero capolavoro dell’avvocato Conte, che è riuscito a salvare i Benetton a spese dello Stato. È il bilancio della vicenda Autostrade secondo Calogero Mannino, ex deputato Dc e cinque volte ministro, con delega dal Mezzogiorno ai Trasporti, passando per la Marina mercantile. “Quello che mi preoccupa di più – dice Mannino – è il ruolo improprio che si dà a alla Cassa depositi e prestiti, uno dei migliori gioielli nell’area dello Stato”. 



Mannino comincia però dal Pd. “La scelta del governo su Autostrade smentisce tutto ciò che il partito post-comunista ha fatto dopo il ’92”.

Il partito delle privatizzazioni. La più grande svendita del nostro patrimonio pubblico.

E adesso assistiamo a un rovesciamento, come se niente fosse, di quella politica, che raggiunse l’apice con i governi Prodi e D’Alema, nati dopo la navigazione del “Britannia” in acque italiche.



Un’altra metamorfosi.

Il partito neoliberista diventa improvvisamente un partito “pubblicista-statalista”. Ma pubblicizza in un modo improvvisato e pressapochista. Sembra una forma di “socialismo venezuelano”.

Cosa non la convince? 

Molte cose. Lo Stato entra in posizione predominante scaricando questo ruolo su Cassa depositi e prestiti. Cdp è uno dei migliori gioielli nell’area dello Stato, ma non è una banca, è un amministratore di risparmio popolare. A questo risparmio ora viene data un impiego che mette in discussione lo stesso profilo di Cdp. Una cosa che non passerà inosservata.



A chi si riferisce?

Alla Commissione europea e alla Banca centrale europea. La Bce controlla le banche europee, in Italia da ora c’è un organismo che dovrebbe gestisce il risparmio postale ma che si comporta come una banca d’investimento. 

Scommettiamo che c’è anche un problema politico?

È inevitabile. Qualcuno penserà: se l’Italia ha non solo un volume così elevato di risparmio, ma anche uno strumento ad esso dedicato, perché non lo usa per tagliare il debito pubblico? O per affrontare le conseguenze del Covid? Non mi stupirei se qualcuno avesse sollevato magari mentalmente queste obiezioni al Consiglio europeo. 

Torniamo alle sue osservazioni.

I Benetton con Abertis gestiscono autostrade in molto paesi del mondo. Vero è che in Italia il management è andato incontro ad un vero disastro, il crollo del ponte Morandi, ma ha una rilevante presenza all’estero e quindi, si presume, una capacità gestionale. E Cdp con quale management gestirà il sistema autostradale? Come sottoporrà questo management a un controllo tecnico e finanziario? 

La partecipazione pubblica dovrebbe salire dal 33% di Cdp al 55%.

Questi investitori qualificati indicati da Cdp ci saranno nella misura in cui la società sarà attiva e funzionerà a dovere. Ma quale garanzia c’è che un bel giorno non vengano, anche se remunerati, messi fuori? Non vedo la necessaria trasparenza, che è certezza del diritto.

Continui.

La nuova gestione dovrà affrontare i problemi attuali di Aspi, dall’indebitamento, che potrebbe essere previsto per 3 miliardi ma che ragionevolmente potrebbe stare tra 6 e 8 mld, fino agli investimenti stimati in 14 mld, mentre verranno ridotte le tariffe. Dove li prenderà i soldi che servono? E la profittabilità, che è la ragione del possibile interesse degli investitori che devono coprire la percentuale al di sopra della quota limite per Cdp? 

Si contesta ai Benetton una cattiva gestione.

Vero. Ma perché fino al disastro del ponte Morandi tutto passava in carrozza? Ci sarà la necessità di una complessa operazione di revisione e manutenzione straordinaria dell’intera rete. Vuol dire che sarà lo Stato a doversi caricare i costi enormi della manutenzione che i Benetton non hanno fatto?

Qual è la sua conclusione?

L’avvocato Conte ha lavorato benissimo. Ha salvato i Benetton. Ed apparentemente ha accontentato i castigatori alla Toninelli. Ma di fatto è un esito diametralmente opposto a quello vantato – a parole – da Conte e dai partiti che lo sostengono.

Il Pd è soddisfatto.

Sì, se leggiamo le dichiarazioni di molti responsabili. Però il risultato smentisce la pretesa del Pd di essere il partito centrale nel sistema della vita politica italiana, cioè il partito che doveva “costituzionalizzare” i populisti a 5 Stelle. Anche questa volta è andato loro dietro. Ha smentito se stesso come partito garante dell’economia di mercato e dell’impresa privata.

I Cinquestelle, dal canto loro, vantano la cacciata dei Benetton.

I bambini sono stati accontentati, ma è Conte che esce vincitore, perché è stato il mediatore di un’operazione che salva i Benetton a spese dello Stato. E poi mi chiedo: alla fine questo 33% che rimarrà in mano alla Cdp, quanto sarà costato?

Secondo lei?

Non si possono fare i calcoli, oggi. Ci dicono che l’ingresso costerà tra i 3 e i 4 miliardi. Vedendo quello che è accaduto in modo paradossale in Borsa al titolo, ragionevolmente potrebbe costare anche non meno di 6/8 miliardi. Previsioni incerte, come è incerta tutta la procedura della scaletta Conte.

La triade di governo – Conte, M5s e Pd – esce rafforzata o indebolita?

Apparentemente rafforzata, poiché la politica ormai è solo un gioco di apparenze. L’operazione per ora stabilizza il governo e gli consente di puntare al suo vero, unico obiettivo.

Che sarebbe?

Durare fino al 2023. 

Ce la faranno? 

Non li vedo cadere presto. Tranne che non si presentino nubi dense e nere sulla situazione finanziaria e conseguentemente del debito pubblico. Per ora i soci di maggioranza pensano di stare benissimo e peraltro in Italia sono benedetti da molti.

E se andiamo oltre le apparenze? 

Vedo un raffreddarsi della passione che la Merkel stava mettendo nella vicenda italiana.

(Federico Ferraù)