Ormai da tempo quando si assiste a un’esibizione canora in Tv (è il caso, ad esempio, dei talent show) si sente spesso parlare di utilizzo dell’autotune, una pratica che tende a essere criticata proprio perché non permette di percepire in maniera nitida e senza storpiature la voce dell’interprete. Ma cosa si intende con questo termine? Niente paura, per i non addetti ai lavori può essere normale non essere a conoscenza del reale significato, nonostante questo effetto sonoro sia ormai sempre più diffuso anche da parte dei cantanti più esperti.



Con questo termine si intende un software creato nel 1997 dallo studio Antares Audio Technologies, che permette di intervenire in un file audio cercando di camuffare eventuali imperfezioni della voce. Si tratta di una pratica che viene utilizzata soprattutto dai rapper, che hanno spesso difetti di intonazione e che cercano quindi di di nasconderli il più possibile per evitare critiche. Qualche anno fa ad “Amici di Maria De Filippi” si è era parlato di questo tema in riferimento a Biondo, che era stato duramente criticato soprattutto da Ermal Meta. L’artista di origine albanese aveva addirittura paragonato l’autotune al doping.



Che cos’è l’autotune: perché può essere utile anche ai cantanti più noti

In un primo momento l’autotune veniva utilizzato soprattutto per audio già registrati, soprattutto quando si aveva la necessità di incidere un brano in tempi brevi e nascondere eventuali errori. Ormai sempre più spesso viene invece sfruttato anche nei live, nonostante la critica non apprezzi particolarmente questa scelta.Tra gli artisti italiani che lo utilizzano maggiormente ci sono Sfera Ebbasta e Ghali.

A scendere in campo in difesa dell’autotune c’è stato anche recentemente uno dei cantanti più noti, Fedez: “Ermal Meta ha detto che l’autotune può inficiare la validità di una gara – aveva detto in un intervento qualche tempo fa -. È stato sempre accettato nella storia dei concorsi canori, pensiamo per esempio a quella volta che i Gemelli Diversi lo utilizzarono a Sanremo. Nessuno ha avuto da ridire”.



Decisamente opposto è invece il parere di Orietta Berti, che aveva notato come in diversi lo avessero utilizzato a Sanremo un anno fa: “Noi non osiamo dei mezzi sofisticati. Siamo all’antica, vogliamo le spie, l’auricolare, il microfono normale. Così uno, se sa fare sa fare. Se non sa fare va a casa”.