Strage viadotto Avellino, nuovi sviluppi sull’inchiesta bis della Procura sul dramma del 28 luglio 2013: dopo aver posto sotto sequestro 12 barriere dell’A16, riflettori accesi sulla A27. Il procuratore capo Rosario Cantelmo ha spostato la sua attenzione al Nord: nel mirino le barriere ritenute difettose lungo i viadotti Rio Salere e Ponti delle Alpi. Un dato molto importante, come riporta La vita in diretta: si parla di carenze sotto il profilo della sicurezza per l’incolumità pubblica. Le barriere bordo-ponte sono composte da blocchi di calcestruzzi collegate tra loro nella parte alta a formare un cordone elastico. Nella teoria dovrebbero fare rimbalzare il veicolo, ma nella pratica si rischia di avere l’effetto contrario, diventando molto più rigide non reggendo l’urto del veicolo e provocando gravi danni a chi è a bordo dei mezzi.



LA TESTIMONIANZA DI GIUSEPPE BRUNO

Giuseppe Bruno, figlio delle vittime Salvatore e Maria Elisabetta, ha ripercorso i giorni precedenti alla tragedia: «Avevo chiesto se potevano venire con me in vacanza, purtroppo dissero no e non sono ritornati. Ci siamo visti in videochiamata, poi ci sentimmo la domenica quando partirono. Erano contenti, rilassati e tranquilli. Ci sentimmo alle 20 di sera, poi non li ho sentiti più». Continua il suo racconto Giuseppe: «Ho saputo della tragedia tramite telegiornale, ho visto delle immagini abbastanza forti. Una volta giunti lì è inspiegabile ciò che ho visto». «Non è stata fatta giustizia» racconta l’uomo, che aggiunge: «Il procuratore ha sequestrato 12 barriere tra Baiano e Benevento. Altre barriere sulla A27: chiediamo al ministero delle Infrastrutture e al Governo di valutare quanto prima possibile se altre barriere sono a norma, perché non vorrei che un’altra persona come me si sieda su questo posto per raccontare una storia simile». Infine, sottolinea: «Non ci fermeremo mai fino a quando non avremo giustizia. Stare qui a ricordare le 40 vittime in quella giornate è inspiegabile: rivedere quelle immagini, ritornare indietro nel tempo, è una ferita che non andrà mai via».

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