A distanza di 10 anni dalla nascita di AdC, Silvia Caironi, responsabile dell’opera, Aventura de Construir (AdC) che opera nella periferia di San Paolo  in Brasile e Cinzia Abbondio che l’ha sostenuta dall’inizio e ancora la sostiene si  interrogano su   come può crescere l’opera senza perderne l’origine e la potenza del metodo su cui si appoggia.



Aventura de Construir (AdC) lavora a favore dello sviluppo territoriale locale ed inclusivo nelle periferie, puntando sui microimprenditori, come il soggetto più attivo e protagonista della trasformazione dei territori in cui vivono, vale a dire la periferia di San Paolo. Dal 2020 il lavoro si è diffuso anche in altre regioni del Brasile dando a tanti microimprenditori la possibilità di sostenersi e non dover rinunciare ai loro interessi imprenditoriali.



10 anni fa, desiderando rispondere ad un bisogno reale, si era pensato di offrire il microcredito, ma ben presto ci si è resi conto che le necessità erano ben più articolate e profonde, quindi AdC, dopo la realizzazione di una ricerca approfondita ed ampia del contesto, si è strutturata per offrire formazione presenziale e online, mentoring con metodologia a 360° di valutazione e accompagnamento delle microimprese, accesso al microcredito.

AdC oggi è composta da un organico di 10 persone e da tanti volontari, persone molto qualificate che mettono a disposizione la loro professionalità, affascinati anche dal metodo di AdC, dal lavoro che viene fatto per ciascun imprenditore, che viene accompagnato con vari strumenti.



L’intuizione comune è che questo legame con l’origine, le radici (L’albero cresce ma deve affondare le radici, cit. Don Giussani) è fondamentale, affinché non si perda il senso dell’opera, che deve essere valutata attraverso dati oggettivi, guardati con realismo, motivo per cui, dal 2015 AdC ha creato un sistema di valutazione d’impatto che applica per misurare il cambiamento qualitativo e quantitativo che ogni progetto genera nei partecipanti e per poter migliorare la propria attuazione.

  AdC sarebbe quindi molto diversa se non si fondasse:

– sulla necessità di conoscere e capire la realtà di ogni micro-imprenditore ed il suo contesto, come punto di partenza per identificare le necessità e rispondervi nella forma più adeguata;

– sulla centralità della persona, con tutto quel desiderio di protagonismo che si porta dentro;

– sulla possibilità di “fare CON” più che “fare PER” i microimprenditori, esperienza che si è rivelata ancora più potente durante questo ultimo anno e mezzo di emergenza COVID-19, in cui l’operare in rete ha permesso di rispondere, valorizzando la storia particolare di molti di loro ed approfondendo ulteriormente l’ideale che li muove nel costruire la propria attività per far crescere le comunità di periferia.

Quello che più sorprende è che, quando si tenta di verificare la propria missione dentro l’azione e si usa il metodo di lavoro come bussola quotidiana, non solo si lavora con più coscienza e passione, ma nasce una possibilità d’incontro con realtà fra le più diverse ed apparentemente “lontane”. In questi 10 anni abbiamo imparato a collaborare con aziende, settore pubblico locale e nazionale, università, liberi professionisti e a scoprire che il cambiamento avviene attraverso ognuno di questi incontri e la speranza è legata a fatti concreti ed inaspettati che accadono. Una sera arriva un messaggio Whatsapp da   Reginaldo  che vive  nella periferia ovest di San Paolo. Nei primi mesi della pandemia lui aveva dovuto chiudere il suo negozio di produzione di dolci ed aveva trasferito il laboratorio nella sua casa. Poi aveva trovato un lavoro come dipendente e continuava la sua attività per arrotondare il reddito. Si è ammalato di COVID e ha passato alcune settimane in terapia intensiva. Ma cosa diceva quel messaggio? “Non so come ringraziarvi perché in queste settimane ammalato e a rischio di vita, cosa mi ha sostenuto? Io pensavo sempre a voi della AdC, a come mi avete aiutato a capire che la vita è una lotta e che vale la pena viverla da protagonisti. Quello che ho imparato con voi non mi immaginavo che potesse essermi utile in questo momento.” Conclude Silvia: “… e io non l’ho nemmeno conosciuto personalmente, quindi questo fatto mi commuove ancora di più perché fa capire la dinamica della generazione di un soggetto, perché lui era stato generato da altre persone che lavorano in AdC”.

Nello stesso tempo, attraverso fatti come questo si capisce ancora di più il valore della risposta di un amico con cui si dialogava sull’opera  “L’equilibrio tra quello che si fa e la nostra coscienza è sempre instabile. L’importante è che tu abbia le radici, che costruisca continuamente il nesso. Il rischio che si perda il senso c’è sempre, ma dipende da te. Il problema del non perdere l’origine ha a che fare con il prima ed il dopo.”

Si può concludere che nel nome sta l’essenza dell’opera Aventura de construir. Recita la Treccani: Avventura: singolare femminle in francese aventure, e in latino adventura «ciò che accadrà»: caso inaspettato, avvenimento singolare e straordinario, Impresa rischiosa ma attraente e piena di fascino per ciò che vi è in essa d’ignoto o d’inaspettato. Costruire: dal latino construĕre, composto di con– e struĕre: fabbricare edifici; comporre una macchina con l’unione delle parti convenientemente disposte, metterle insieme pezzo per pezzo.

In fin dei conti è il segreto della vita.

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