L’influenza aviaria in Lombardia è tornata a fare parlare di sé. Nei giorni scorsi, in un allevamento di Galliavola (Pavia) è stato riscontrato un focolaio del ceppo H5N1 e, oltre all’abbattimento di centinaia di capi di bestiame, è stata allestita una “zona di protezione” che coinvolge i comuni di Galliavola (Pavia), Pieve del Cairo (Pavia), Villa Biscossi (Pavia), Ferrera Erbognone (Pavia) e Lomello (Pavia), e una seconda di “sorveglianza” che ingloba in totale 26 centri.
Ma qual è la gravità della situazione? A rispondere a tale quesito è stato il professor Luigi Bonizzi, esperto di malattie infettive di animali domestici, intervenuto ai microfoni della trasmissione di Antenna3 “Forte e Chiaro”: “Il virus ciclicamente, soprattutto nel periodo autunno-invernale – ma anche primaverile – circola anche in Italia, perché viene portato dagli uccelli migratori, che hanno una scarsa sensibilità, ovvero si ammalano meno facilmente – ha asserito –. Quando però il virus arriva alle specie allevate, queste sono meno adattate e possono avere grossi problemi, che causano il verificarsi anche di grossi morie negli allevamenti”.
AVIARIA IN LOMBARDIA: “NESSUN RISCHIO PER L’UOMO”
Il professor Bonizzi, a “Forte e Chiaro”, a proposito dell’aviaria in Lombardia ha aggiunto: “Ci sono protocolli di biosicurezza per evitare la diffusione di questo virus. Si tratta di virus che possono facilmente ricombinarsi, modificandosi mediante un’interazione fra di loro e con altri ceppi virali. Di conseguenza, possiamo avere problemi importanti. Sono meccanismi complessi, che vanno studiati e compresi e che prevedono una competenza per poter essere decifrati”.
Con l’aviaria (non solo in Lombardia, ma in tutto il mondo) “abbiamo ceppi virali ad alta o bassa patogenicità. Normalmente circolano questi ultimi, ma di tanto in tanto capita che circolino i primi, in grado di dare una mortalità elevata. Negli allevamenti non è semplice affrontare tale questione, poiché la vaccinazione viene autorizzata a livello europeo unicamente in casi molto precisi. Non possiamo quindi fare altro che adottare misure di prevenzione molto puntuali, non così lontane dal lockdown che abbiamo vissuto col Covid. Ma non c’è rischio alcuno per la salute umana”.