Negli Stati Uniti è venuto alla luce un quarto caso di aviaria nell’uomo. A confermare l’infezione, come scrive il sito di RaiNews, sono stati i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), specificando che il paziente è un uomo che lavora nel settore lattiero-caseario e che risiede nello stato del Colorado. L’aviaria è una infezione che è legata all’epidemia da bovini da latte, e fino ad oggi tutte le persone che si sono ammalate in America hanno avuto dei contatti stretti con i capi da bestiame infetti in quanto lavoratori del settore.
I precedenti casi erano stati registrati in Michigan (due uomini) e in Texas, e fortunatamente nessuno dei quattro si è ammalato in maniera grave. Così come gli altri tre, l’ultimo paziente ha evidenziato solamente dei sintomi oculari che sono già strati presi in cura con una terapia antivirale. Inoltre, fra i contatti dell’infetto, non vi sarebbe alcun segnale che farebbe pensare ad eventuali nuovi casi di aviaria.
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Certo è che lentamente questa epidemia animale si sta diffondendo anche nell’uomo ed è di poche settimane il primo caso in Australia, una bambina di soli due anni che probabilmente si era infettata durante un precedente viaggio in India, come specifica l’Oms, tenendo conto che nella nazione asiatica è stato individuato il virus AH5N1 negli uccelli.
Un caso che però aveva sorpreso visto che la stessa piccola sembra che non avesse avuto contatti con degli animali malati o con altre persone infette. In totale, dal 2003 allo scorso mese di maggio, l’organizzazione mondiale della sanità ha segnalato 891 casi di infezione umana di aviaria, compresi 463 vittime. Un tasso di mortalità che è quindi molto alto, più del 50% vedendo il rapporto fra i due numeri, ma in ogni caso al momento non vi è alcun allarme, come precisato da Gianni Rezza, dirigente dell’istituto superiore di sanità, anche se comunque un po’ di preoccupazione rimane tenendo conto del caso della bimba di due anni di cui sopra, la cui infezione resta ancora oggi un mistero.
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Eric Topol, vice presidente esecutivo Scripps Research, ha invece precisato che esiste conferma della trasmissione del virus fra bovini, ma anche fra bovino e pollame. Ci sono stati inoltre dei casi fra gli animali di infetti asintomatici ma comunque infetti dal virus H5N1. Alla luce di queste evidenze e di questi riscontri, il rischio per la popolazione umana di contrarre l’aviaria continua a restare basso per le persone in generale, mentre risulta più alto per coloro che hanno dei contatti frequenti con gli animali che potrebbero essere potenzialmente infetti.
Per questa categoria sarebbe bene adottare tutte le opportune precauzioni per evitare appunto di ammalarsi. L’influenza aviaria causa in molti casi dei sintomi da “classica influenza” ma in taluni situazioni può causare gravi sintomi e portare anche alla morte.