Sulle colonne del quotidiano “Libero” campeggiano le parole di Piero Vereni, professore di antropologia all’Università di Tor Vergata, che nel 1993 era uno studente neolaureato ed era tra i componenti della folla accalcata all’esterno dell’hotel Raphaël, che lanciò monetine contro Bettino Craxi: “Sono state evidentemente troppo poche e gli insulti pure – ha affermato il docente –. Dovevamo fare di più. L’uccisione rituale del sovrano è una pratica comune a tutte le culture, di tutti i tempi. Quella sera, per parlare spiccio, stavamo facendo fuori il re, e in questo non c’è nulla di male o di sbagliato”.
Affermazioni forti, che il professor Vereni ha voluto appesantire ulteriormente attraverso una riflessione che prende in considerazione cosa sarebbe potuto accadere qualora i manifestanti si fossero impossessati del corpo di Craxi: “Cosa sarebbe successo se lo avessimo fatto a pezzi sul serio, se l’avessimo magari mangiato a brani (era grande e grosso, ce n’era per tutti)? Io dico che alcuni di noi sarebbero morti negli scontri, altri andati in galera, ergastolani, ma il Paese ne avrebbe beneficiato: avremmo dichiarato, scrivendolo sul corpo del potere, l’irrevocabilità di quello che stava succedendo. Mani Pulite non fu quel terrore che stanno spacciando. La nostra controreazione doveva essere altrettanto simbolica: tu vuoi fregartene ma io ti sdereno, ti smantello, ti annullo”.
“BETTINO CRAXI? DOVEVAMO AMMAZZARLO”
Piero Vereni, nell’articolo scritto da Filippo Facci per il quotidiano “Libero”, ha sottolineato successivamente che “quella sera non stavamo facendo altro che il nostro dovere di italiani. Il nostro vero errore è stato quello di non andare fino in fondo. Dovevamo sbranare Craxi, avremmo dovuto farlo fuori a pezzi, gettare le sue (mi immagino lunghissime) budella sulla porta del Raphaël e trascinarle fino al Parlamento. Poi la polizia avrebbe (giustamente) fatto il suo dovere, ammazzato i più assatanati direttamente sul posto, e portato via un bel po’ d’ altri”. Il professore universitario conclude il suo intervento con un pensiero durissimo, esternato tuttavia senza esitazioni: “Avremmo quindi dovuto andare fino in fondo, sacrificare Craxi e qualcuno di noi in nome del Paese, per far capire a tutti che era finita. Io c’ero. E come tutti quelli che fanno la storia, non ho capito che occasione avevo per le mani”.
L’Italia sarebbe stata meglio”
“Non c’era nulla di sbagliato”