Per l’ultimo intervistato di “Sette” – il settimanale del Corriere della Sera – lo scandalo del Csm e il periodo nerissimo che sta attraversando la magistratura italiana (quantomeno nelle sue figure apicali, ndr) avrebbero “origini” nel passato e in particolare nello scandalo che coinvolse il compianto conduttore di Portobello, Enzo Tortora. Si chiama Raffaele Della Valle, avvocato penalista, e difese il giornalista quando nel giugno 1983 venne clamorosamente arrestato con l’infamante accusa di spacciatore e colluso con la Camorra: proprio al settimanale, Della Valle racconta quel caso e le tante “storture” che il mondo della magistratura si porta addosso fino a oggi, con l’esplodere del caso Lotti-Palamara-Fuzio che già diversi scandali ha fatto riemergere in pochi mesi di indagini. Ricordiamo che il caso Tortora nacque per la richieste dei procuratori Francesco Cedrangolo e Diego Marmo, dal giudice istruttore, il magistrato Giorgio Fontana di arrestare e condannare il popolare conduttore per associazione camorristica e traffico di droga. Fece 7 mesi di carcere, subì una prima condanna a 10 anni di carcere ma la sua totale innocenza venne dimostrata solo il 15 settembre 1986 quando venne assolto dalla Corte d’Appello di Napoli per un clamoroso errore di malagiustizia (tanto nelle indagini quanto in sede processuale) e poi confermato dalla Cassazione il 13 giugno 1987. Morì un anno dopo, tornato sì sulle scene con Portobello – celebre quel suo «dunque, dove eravamo rimasti?» – ma ormai segnato dalla malattia e dal consumo di un dramma che ancora oggi viene ricordato come la “madre” di tutti gli errori giudiziari. «Condannato dal Tribunale di Napoli, dichiarato camorrista e spacciatore senza uno straccio di prova – dice Della Valle – A suo carico? Le parole di un branco di delinquenti. Caso di malagiustizia che, purtroppo, non ha insegnato molto. Anzi. Da allora le cose sono perfino peggiorate con una magistratura che, via via, si è politicizzata al massimo. Lo scandalo del Csm di queste settimane? Non mi stupisce», sottolinea amaramente Della Valle intervistato dai colleghi di Sette.



CSM & ENZO TORTORA: GLI SCANDALI CONTINUANO..

L’impianto accusatorio del caso Tortora era debolissimo e venne abilmente smontato in Appello, ma per Della Valle – e non solo lui – lo scandalo fu proprio che venne ritenuto plausibile finanche alla prima condanna presso il Tribunale di Napoli: «Arroganza, insipienza, superbia. Non voglio aggiungere malafede… Certo, il desiderio di stare in prima pagina. La catena delle accuse comincia con Giovanni Pandico, pluriomicida, “schizoide e paranoico” secondo i medici, in contatto con il presentatore per una storia di centrini inviati a Portobello con la richiesta di metterli all’asta. Andarono smarriti in redazione. Dalla Rai seguì la corrispondenza fra Tortora (che si scusò) e il detenuto. Bastava controllarla per capire subito che non v’erano messaggi trasversali. Cosa che gli inquirenti non fecero. Al contrario, fu l’inizio di una serie di equivoci, se vogliamo chiamarli tali, che misero in trappola Enzo», spiega nel dettaglio lo storico avvocato di Enzo Tortora che sottolinea poi come la “fama” ricevuta dall’accusare un personaggio all’epoca così importante e popolare potrebbe avere fatto fare numerosi errori e cantonate clamorose. Ma quello scandalo purtroppo non ha migliorato molto il livello delle indagini e di alcuni macro-errori presenti tutt’oggi nei tribunali di mezza Italia: secondo l’avvocato Della Valle, nel merito dello scandalo Csm-Anm emerso nelle scorse settimane «Mi piacerebbe che, oltre alle intercettazioni scottanti, uscissero anche quelle negative… Ma ciò non succede. Le nomine pilotate non sono una novità. È che oggi i rapporti magistratura-politica sono sempre più stretti. E cresce la voglia di potere dei giudici. Uno dei settori più ambiti è l’anti-mafia. Qui, il palcoscenico è assicurato». La giornalista propone una possibile via di soluzione, ovvero la separazione delle carriere nei magistrati, ma Della Valle aggiunge «Favorevole, ovvio. Ma non basterebbe. Ci vorrebbe, mi passi l’espressione, anche quella dei letti o dei divani. Siamo sinceri: come in ogni luogo di lavoro, anche negli uffici giudiziari fra colleghi nascono amicizie, complicità, e talvolta si intrecciano storie personali, più o meno segrete. Lei pensa che non si parli anche di fascicoli, inquisiti e imputati?».

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