Ayaan Hirsi Ali è una scrittrice di origini somale naturalizzata olandese che ha rinnegato in gioventù la fede islamica perché «inconciliabile con la società contemporanea»: ebbene, da allora vive sotto scorta negli Usa dopo le costanti minacce piovute contro la sua persona a seguito della sceneggiatura di “Submission” il film che denunciava la sottomissione delle donne nell’Islam e che già nel 2004 portò all’assassinio del regista Theo Van Gogh nel pieno centro di Amsterdam da parte di un fanatica jihadista. Mentre il mondo vede correre sempre di più lo scontro in Medio Oriente tra sciiti e sunniti, con un rialzato allarme terrorismo jihadista praticamente in tutto l’Occidente e con la minaccia dell’islam radicale contro gli Stati Uniti e alleati per aver eliminato il generale dell’Iran Soleimani, Ayaan Hirsi Ali è tornata a far sentire la sua voce dall’America intervistata dai colleghi di Repubblica. E le sue parole, come sempre, non sono banali: «L’Islam radicale mi ricorda la mafia in Italia», attacca la scrittrice-pensatrice somala, «Oltre agli attentati, c’è un’inscalfibile omertà di fondo, anche nelle comunità non estremiste ma contigue al jihadismo. Il terrorismo islamico deve essere combattuto come la mafia. Non bastano le bombe. Serve una battaglia culturale, ma autentica. Bisogna imporre i valori di libertà e diritti umani, che sono superiori a qualsiasi altro. Perché oggi viviamo uno scontro di civiltà. Prima però pensavo che l’Islam fosse irriformabile. Oggi non la penso più così. Una speranza ce l’ho». Un pensiero netto, durissimo, che non intende fare di tutta un’erba il fascio – «non tutti gli islamici sono conniventi, la maggiorparte non la pensa come gli jihadisti» – ma che sottolinea un problema tutt’altro che rinviabile per la cultura e la politica occidentale nel suo rapportarsi alla civiltà araba.



LA “FATWA” DELLA PENSATRICE “INFEDELE”

«Il numero di estremisti islamici nel mondo sta crescendo, sempre di più. Il loro obiettivo è l’Europa, da sempre. E nelle nostre periferie trovano porose comunità dove si possono infiltrare. E nascondere»: secondo Ayaan Hirsi Ali i musulmani europei dovrebbero combattere di più anche se non per questo possono dirsi conniventi, «Buona parte delle comunità islamiche non simpatizza affatto con gli estremisti. Ma in esse ci sono componenti sociali e culturali che possono facilitare la penetrazione dei jihadisti e della loro perversa ideologia». È l’omertà la chiave di volta secondo la scrittrice considerata “infedele” dall’Islam: «È un comportamento di tipo tribale, simile a quello della mafia in Italia, che si lega ai concetti di tradizione, famiglia, identità religiosa. Ibn Khaldum, il grande filosofo arabo del XIV secolo, chiamava asabiyya questa fedeltà cieca, di sangue, impermeabile alla società esterna. Anche per questo credo poco nelle “radicalizzazioni sul web”. Ogni estremismo ha un contesto reale favorevole al jihadismo che certe moschee o famiglie aizzano». La speranza perché tutto questo possa spezzarsi però esiste e la scrittrice somala non la nasconde: «Ho cambiato idea nel tempo. L’Islam può adattarsi alla nostra società. Ma ci vuole pazienza». Critiche all’Islam ma anche ad alcuni Paesi europei dove la cultura ha lasciato campo libero al proliferare dell’islamizzazione: «Quando i Paesi Bassi mi hanno accolto come rifugiata, mi hanno dato tutto: cibo, soldi, una casa. Ma non la cosa più importante», ovvero «l’educazione ai diritti fondamentali dell’uomo, ai valori della società olandese e occidentale: la libertà, la tolleranza, la democrazia, il rispetto delle diversità. Purtroppo europei e americani li danno per scontati, non li trasmettono più, pensano che la superiorità militare e di intelligence sia sufficiente per resistere. Si sbagliano». Uno scontro di cultura, una battaglia culturale prima che religiosa: per la Hirsi Ali serve che il multiculturalismo non diventi multietnicismo, «se al suo interno si tollera la sharam, e cioè l’umiliazione delle donne musulmane, oltre alla discriminazione dei gay e l’abiura di libertà, anche di espressione, che certe culture e religioni negano, se cediamo su questi diritti fondamentali, lo scontro di civiltà in Occidente sarà sempre più devastante».

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