Cos’è l’ayahuasca: gli ingredienti di base…

Cos’è la ayahuasca, anche nota come “liana degli spiriti” o “liana della morte”, protagonista di riti sciamanici in tutto il mondo? Questa sostanza allucinogena, nella maggior parte dei casi bevuta come decotto, è un mix di piante amazzoniche: gli ingredienti di base sono la liana Banisteriopsis caapi e le foglie dell’arbusto Psychotria viridis, che vengono fatte bollire insieme per diverse ore, ma a questi ne possono essere aggiunti altri come la Nicotiana tabacum e la Peganum harmala.



La tisana ayahuasca effetti purganti e visionari, che variano in base alla quantità assunta: si possono verificare, ad esempio, euforia, rallentamento del tempo percepito e separazione di corpo e mente, simile ad uno stato pre-morte (da qui il suo nome). Non sono stati dimostrati danni fisici a lungo termine a causa del principio attivo, ma se quest’ultimo viene combinato con altre sostanze, le conseguenze possono essere serie. Il riferimento in tal senso non è soltanto all’alcol, ma anche a comuni cibi come formaggi e banane, al punto da portare anche alla morte.



L’uso della ayahuasca in Italia: come funziona?

In Italia la ayahuasca, per la precisione il suo principio attivo, nel febbraio del 2022 è stata inserita dal Ministero della Salute nella lista delle sostanze stupefacenti, sebbene il Dmt sia un alcaloide endogeno che circola naturalmente nel corpo umano in alcuni momenti della nostra vita, come durante il sogno oppure prima della morte. Nonostante ciò, il suo utilizzo è ancora frequente in particolari contesti, come quelli religiosi, in forma controllata e sicura. I fedeli della chiesa del Santo Daime, ad esempio, la considerano una bevanda sacramentale, al pari della comunione per i cattolici, in quanto “manifestazione del sangue di Gesù Cristo”.



Le stime rivelano che dal 1990 ad oggi nel nostro Paese ci siano state ben 50 mila assunzioni, anche se avere delle statistiche attendibili sul tema non è semplice. Coloro che ne fanno uso abitualmente, nei contesti previsti, in tal senso, consigliano di berne soltanto una tazzina di caffè, diluendola con l’acqua, nell’arco di 3-4 ore di digestione. L’alterazione in questo modo è minima e controllata.