Nel corso degli ultimi anni ci sono stati diversi sommovimenti nel mercato agroalimentare italiano. Parmacotto, Ferrarini, Kipre (Principe di San Daniele e King’s): sono i nomi di tre aziende, fra molte altre, che hanno portato i libri in tribunale. Nel primo caso la vicenda si è risolta positivamente. Parmacotto ha ripreso a pieno ritmo la produzione e la società viaggia in positivo da due anni. Nel secondo, l’ingresso del gruppo Pini ha permesso all’azienda di superare il difficile momento. Stessa cosa per Kipre, grazie all’ingresso di Rigamonti/Jbs.
Di fronte a queste situazioni, la prima domanda che ci si può porre è semplice: si tratta di una crisi di sistema? La risposta è no. Il mercato alimentare ha certamente le sue problematiche: diminuzione dei consumi, aumento dei costi della materia prima, rapporti con la grande distribuzione, Italian sounding. Ma sono di gran lunga meno stressanti rispetto ad altri settori: la meccanica, tanto per fare un esempio, l’edilizia, il legno e altri ancora. Il comparto è forte. Le esportazioni continuano a crescere. Soprattutto le aziende medio-piccole hanno messo il turbo. Sfornano in continuazione nuovi prodotti, rubano quote di mercato, cominciano ad affacciarsi anche all’estero.
Quindi: se non è crisi di sistema, di cosa si tratta? Semplice: di una crisi imprenditoriale. Meglio: chi ha gestito le varie aziende sopracitate non è stato in grado di portare avanti dei piani industriali adeguati. Non ha saputo gestire le emergenze. Non ha saputo, o voluto, cogliere i segnali che arrivavano dal mondo della distribuzione. In poche parole: non ha fatto il suo mestiere. Per ignoranza e incompetenza. E, a volte, per arroganza e strafottenza.
Vogliamo parlare di come sono stati trattati i fornitori? Ancora poco prima di portare i libri in tribunale c’era chi spergiurava che la situazione era sotto controllo, che i bilanci erano più che positivi, che le banche erano lì tutte pronte a finanziare i nuovi progetti.
Risultato: concordato in bianco, l’anticamera del fallimento. Un procedimento che tutela, forse, i dipendenti. Ma chi rimane col cerino acceso in mano sono i fornitori. Costretti, sempre forse, a portare a casa una percentuale minima di quanto loro dovuto. Cornuti e mazziati. E chi tutela i loro dipendenti?
Un altro dato emerge dall’analisi delle situazioni di cui sopra: il problema del ricambio generazionale. Il 28 dicembre 2018 Mario e Sonia Dukcevich, della famiglia proprietaria del Gruppo Kipre, inviano una lettera al Sole 24 Ore. Anticipano la crisi e incolpano alcune banche di non aver sostenuto il loro piano di sviluppo. E aggiungono: “Io e mia moglie, compagna di una vita, abbiamo deciso di non dare esecuzione a nessun progetto e abbiamo consigliato ai nostri figli, Paola e Vladimir, di andarsene all’estero”.
Bene, bravi Mario e Sonia, un ottimo consiglio! Ma cari Mario e Sonia, fatevi un bell’esame di coscienza. Era giusto dare la responsabilità del gruppo ai due figli? Ne erano in grado?
Fare i genitori e gli amministratori di un’azienda è difficile. Ma bisogna saper distinguere i ruoli. Da una parte il padre e la madre, dall’altra l’imprenditore. Chi li ha confusi ha fatto del male a sé, ai suoi figli e all’azienda.
Parliamoci chiaro: nessuno vieta che il proprio figlio o figlia possa entrare in azienda per proseguire il lavoro svolto dal padre. Ma quest’ultimo dev’essere talmente intelligente da comprendere che, se il ragazzo o la ragazza non sono adatti a quel compito, occorre fare un passo indietro. E qui la madre gioca un ruolo fondamentale. Saper riconoscere il limite del proprio figlio diventa un’operazione dolorosissima. Ma doverosa. Altro che consigliare ai ragazzi di andare all’estero dopo aver fatto danni in Italia.
Da ultimo permettetemi di citare sant’Ambrogio, vescovo di Milano. Una predica – scritta nel 380, che tutti i genitori dovrebbero imparare a memoria – così recita: “Il bene dei vostri figli sarà quello che sceglieranno: non sognate per loro i vostri desideri. Basterà che sappiano amare il bene, guardarsi dal male e che abbiano in orrore la menzogna. Non pretendete dunque di disegnare il loro futuro. Siate fieri che vadano incontro al domani con slancio anche quando sembrerà che si dimentichino di voi. Più dei vostri consigli li aiuterà la stima che hanno di voi e la stima che voi avete di loro. Più di mille raccomandazioni soffocanti saranno aiutati dai gesti che vedranno in casa (o al lavoro): gli affetti semplici, la stima vicendevole, il senso della misura, il dominio delle passioni, il gusto per le cose belle e l’arte, la forza anche di sorridere”.
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