Azouz Marzouk favorì una corrente innocentista e revisionista del processo per la strage di Erba. Lo scrive il giudice di Como Veronica Dal Pozzo nelle motivazioni della sentenza della condanna a due anni e mezzo di carcere per diffamazione aggravata il marito di Raffaella Castagna e padre del piccolo Youssef, due delle quattro vittime della strage di Erba. In effetti, a sorpresa Marzouk era tra i pochi a sostenere l’innocenza di Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati in tutti i gradi di giudizio per la strage di Erba.
La sua condotta diffamatoria ai danni degli ex cognati Beppe e Pietro Castagna, che avevano presentato denuncia, è stata definita di “gravità estrema“, perché le insinuazioni che hanno alimentato la corrente innocentista e la denigrazione delle parti offese “già una prima volta stravolte dall’efferato omicidio dei loro familiari, e nuovamente travolte dalla impressionante risonanza mediatica delle infondate accuse a loro rivolte“. Nelle motivazioni, pubblicate da Il Giorno, il giudice spiega il motivo per il quale ha raddoppiato la richiesta del pm (un anno e tre mesi).
“AZOUZ MARZOUK FAVORÌ CORRENTE INNOCENTISTA”
In un articolo pubblicato su un sito nel febbraio del 2019 si sosteneva l’ipotesi che la strage di Erba avesse un fine economico. “Indagate sulla famiglia, mio figlio Youssef conosceva l’assassino… Lo ha ucciso qualcuno vicino a mia moglie. Basta leggersi le carte per capire che qualcuno voleva l’eredità di mia moglie“, aveva detto Azouz Marzouk. Per il giudice è chiaro il riferimento alla famiglia delle vittime, infatti nella sentenza evidenzia lo “speciale disvalore” di questo comportamento sotto due profili.
In primis, l’accusa proveniva dal loro stesso cognato, inoltre si inseriva “nel fluire di una corrente innocentista e revisionista del processo, risolvendosi in una vera e propria campagna di disinformazione, fatta di sibilline allusioni ed eclatanti denigrazioni, brutalmente lesiva della reputazione dei fratelli Castagna“. Una condotta, quella di Azouz Marzouk, che è stata compiuta “nella consapevolezza della falsità delle accuse loro rivolte“.