Un ragazzo entrato in una baby gang a Milano racconta a Storie Italiane questa realtà diffusa ormai a macchia d’olio in Italia. Un fenomeno sottovalutato e anche per questo in continua crescita (di cui recentemente ha parlato il ministro Lamorgese). «Nella mia gang ti danno 30 secondi in cui ti picchiano, ti caricano senza difesa. Devi solo prendere le botte e basta, è una prova di resistenza», spiega riguardo l’ingresso in questi gruppi criminali. Si diventa di fatto dei soldati: «Funziona che comunque è come un esercito. I livelli te li devi guadagnare, dipende da quello che fai…».
Il ragazzo, la cui identità è coperta dall’anonimato, confessa di essere entrato nella baby gang a Milano nel 2012, quando aveva circa 13-14 anni. Le cause? Il giovane le attribuisce alla sua famiglia, rea di averlo trascurato. «Sono entrato perché non avevo abbastanza attenzioni dai miei genitori, quindi ho trovato un po’ di rifugio nelle gang». Ma lui era stato in primis vittima: «Io sono stato preso di mira nel 2012 da una gang. Sono stato molto infami, perché ero da solo, avevo 14 anni. Mi hanno voluto picchiare per gusto. Erano 30 persone».
“ORA BABY GANG TI AMAZZANO PER NIENTE”
Il giovane, che ha lasciato la baby gang a 17 anni, ammette di essersi reso responsabile di diverse aggressioni, anche efferate. «È successo molte volte anche di fare male a molte persone. Mi è capitato anche di tagliare le persone, di accoltellare le persone», ammette nell’intervista a Storie Italiane. Eppure, all’apparenza non si direbbe che è un ragazzino così violento: «La faccina buona sì, la “faccina d’angelo”, però sono un bel demonio eh». Ma il giovane svela anche che è un modo di fare soldi: «Quanto si guadagna? 100, 200 euro… non al mese, al giorno».
D’altra parte, ritiene che il fenomeno delle baby gang sia diverso da come è descritto dai giornalisti: «Per come la vedevo io, è una famiglia che ti dava le attenzioni che magari volevi. Stare in una gang, drogarti, bere… ti cambia come persona, cresci veloce», conclude il giovane. «Bevevamo, stavamo in compagnia, ci divertivamo. I ragazzini più piccoli andavano a rubare, quelli più grandi facevano le rapine. Non mi sono mai pentito nella mia vita. Se mio figlio lo facesse? Lo correggerei subito». Adesso però la situazione è peggiorata: «Adesso ti ammazzano per niente, ti accoltellano per derubarti».