Il fenomeno baby gang è approdato anche a Vicenza, come testimoniato nel corso della puntata di oggi di “Storie Italiane”, trasmissione di Rai Uno condotta da Eleonora Daniele. Quattro mamme hanno raccontato la gravità di quanto sta avvenendo nella città veneta: “Una città apparentemente tranquilla – ha detto una delle madri –. Una sera come le altre, mio figlio era in centro con un amico e stava per tornare a casa verso le 8 di sera. Improvvisamente, un ragazzo più grosso di loro ha intimato loro di seguirlo e di non scappare. Li ha portati in un vicolo dove sono stati accerchiati da altri ragazzi. Hanno chiesto 50 euro e hanno pensato di sequestrare uno dei due giovani, mandando mio figlio a prendere i 50 euro a casa”.



E, ancora: “Nonostante la paura che lo stessero seguendo, non si è mai voltato indietro. A un certo punto, quando si è sentito abbastanza distante, si è nascosto dietro un edificio e si è messo in contatto con noi genitori. Io ho subito allertato le forze dell’ordine, con la pattuglia recatasi prontamente verso il centro, che quella sera sembrava un labirinto infinito. Il tempo passava e la preoccupazione cresceva. Alla fine mio figlio è riuscito a farsi recuperare da noi e a capire dove si trovasse”.



BABY GANG VICENZA: “I NOSTRI FIGLI HANNO PAURA”

Nel prosieguo di “Storie Italiane”, sulla questione relativa alla baby gang di Vicenza è stato aggiunto che “i rapitori chiamavano mio figlio per indicargli il punto preciso in cui mettere i soldi, chiedendogli anche di fare un video. Loro si facevano sempre più minacciosi e davano gli ultimatum. A quel punto, mio figlio ha finto di arrivare con i soldi e si è fatto mandare da loro la posizione, dicendo di essersi perso e girando subito quel loro messaggio sul mio cellulare. Mio marito ha indicato così alla volante il punto dove si trovava il ragazzo rapito”.



Uno dei cinque delinquenti è stato fermato in flagranza di reato, gli altri quattro sono scappati, ma sono in corso le indagini per risalire a loro, che hanno letto i documenti dei due 15enni presi di mira, hanno visto dove abitavano, hanno preso e chiesto informazioni sulle carte di credito e sui pin.