Il fenomeno dei cosiddetti baby influencer sta spopolando in tutto il mondo, con bambini e bambine sempre più piccole messi davanti ad obbiettivi e telecamere dai genitori che vogliono farli diventare delle star del web. Un fenomeno esploso, ovviamente, in America, dove la piccola Taylen Biggs (10 anni) conta già 386mila follower e ha posato la prima volta per uno shooting a 18 mesi. In Italia, invece, abbiamo Nathan di Vaio (figlio del modello Mariano) che ha 230mila seguaci, ma anche Leone Lucia Ferragni, debuttato su Instagram quasi ancor prima di tornare a casa dall’ospedale.
Il mondo dei baby influencer, visto da fuori, sembra gioioso e festoso, sempre colorato e allegro, con balletti, canzoni, skin care routine e advertising. Il business, infatti, almeno per i genitori, sta proprio nelle collaborazioni con brand e marchi più o meno famosi (Taylen Biggs fu ‘lanciata’ dai Kardashian) che rendono quello che per i figli è un gioco, una fonte di guadagno talvolta di prim’ordine. Il mondo patinato e festoso dei baby influencer, però, è finito sotto la lente del New York Times e del Wall Street Journal, che ne hanno scoperto le ombre, ben più grandi della flebile luce del riflettore social. Una scoperta frutto dell’analisi di 2,1 milioni di post, in numero indefinito di chat online e interviste a più di 100 genitori e figli.
Il lato oscuro dei baby influencer
L’altra faccia dei baby inflencer è drammatica e parla di un vero e proprio sfruttamento, ai limiti della pedofilia, delle piccole star. A sfruttarle, però, non sono band, marchi o pubblicitari, ma quegli stessi genitori che dovrebbero avere, almeno nei confronti dei figli, come unica priorità la loro protezione. Così, un business già di per sé dubbio, diventa quasi completamente illegale, peraltro nel completo disinteresse di Meta, la cui unica misura di controllo è impedire ai minori di 13 anni di iscriversi alle sue piattaforme.
Per aggirare il limite d’età i baby influencer non devono neppure sforzarsi, perché basta che ad aprire il profilo sia un genitore. Così quest’ultimo, che in moltissimi casi si ‘nasconde’ dietro al figlio sedicente star, posta foto più o meno ammiccanti, attirando attenzioni che dovrebbero essere scacciate. Il bambino (o il genitore al posto suo) scambiano messaggi con l’interlocutore, via via più ‘spinti’ dal punto di vista sessuale, con l’obiettivo di offrire iscrizioni ad altre piattaforme, per così dire più libertine, o alla parte premium del profilo Instagram del baby influencer. Inutile, purtroppo, sottolineare che le foto che vengono così scambiate in cambio di soldi sono ai limiti (se non oltre) dell’illegalità, con bambini e, soprattutto, bambine in intimo o in costume.